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circoli_pdL’ordine del giorno proposto da Andrea Campora, in occasione dell’Assemblea Nazionale dei Circoli, ha stimolato un positivo dibattito all’interno del partito monzese. Abbiamo ricevuto questo articolato contributo di Ezio Dondè (Coord. Circolo 6) che volentieri pubblichiamo.

La società, la politica…il partito

Credo che ci sia da parte di tutti nel partito la consapevolezza di essere in una fase delicata caratterizzata da un distacco dei cittadini dalla politica ed in particolare modo dai partiti.

A detta di tutta la stampa e conseguentemente di larga parte dell’opinione pubblica essi farebbero i loro interessi mentre la  società civile avrebbe bisogno di ben altre cose ; l’unica soluzione sarebbe aprirsi e fare entrare persone nuove,meglio se non hanno mai avuto tessere di partito e se sono espressione di questa società.

La situazione italiana è un po’ peggiore di quella di altri paesi, ma l’antipatia nei confronti delle forze politiche è diffuso in tutti i paesi dell’area europea e americana, solo perché negli altri ci sono problemi di democrazia ancora più grossi.

Un ragionamento di questa natura ha come presupposto una dicotomia tra politica e società molto netta e l’idea non vera che ci sarebbe una società operosa ,buona, ridotta alla fame da una politica che pensa solo ai propri interessi.

E’ questa la verità?

Depurato dai processi ,dai bunga bunga,cosa è stato il berlusconismo, se non il tentativo di negare la politica, facendo affluire dentro il potere le istanze della società civile senza alcuna mediazione?

Il tutto condito di populismo,di esaltazione del capo,cioè di involuzione democratica.

Mi si dirà che le forze  confluite nella gestione berlusconiana non erano le forze migliori, io però le voglio elencare: la CONFINDUSTRIA,tutta l’area delle piccole e medie imprese,la CONFCOMMERCIO,altre associazioni imprenditoriali,alcune aree del movimento sindacale,un’opinione pubblica stordita da un impianto culturale ed economico  neoliberista  dove il welfare non aveva senso perchè la deregulation avrebbe dato risorse a tutti per provvedere ai propri bisogni.

Chi si opponeva a questo disegno era superato o incrostato di vecchio ideologismo.

Collanti popolari di questo impianto erano la paura e l’atteggiamento xenofobo bene interpretati dalla lega.

Il berlusconismo si è infranto perché con la crisi è venuta meno la prospettiva neoliberista e l’ ottimismo infondato su cui era imperniato il suo populismo.

Mentre la gente si vergognava di un capo di governo che faceva il bunga bunga con le minorenni, i centri di potere interni ed internazionali capivano che Berlusconi non aveva la statura politica per governare il paese.

Se fosse bastato aprirsi alla società civile,Berlusconi sarebbe ancora lì.

L’apertura alla società civile è un dovere per tutte le forze politiche degne di questo nome.

Il problema è che la società civile,che va dalle organizzazioni sociali ai movimenti,porta nella politica problematiche che devono essere discusse ,ma che occorre valutare e ricondurre a logiche di bene comune, e questo è il compito della politica.

Mentre ci si apre al confronto occorre contemporaneamente produrre la sintesi autonoma di questo processo.

L’autonomia delle forze politiche e della nostra in particolare, è una necessità altrimenti prenderemmo per buone le ricette della BCE o del FMI per l’economia,il giustizialismo dipietrista per la giustizia o prenderemmo le parti di CGIL o CISL o UIL, cioè ci metteremmo a sostenere in modo articolato le idee di altri senza produrre nel confronto nostre idee. E venendo meno al ruolo decisionale e di sintesi del partito .

E’ vero che c’è una crisi della politica? Si è vero.

Essa nasce dalla difficoltà ad affrontare in termini positivi, l’uscita del mondo dalla crisi più profonda che l’ ha pervaso.

C’è quindi una crisi della politica perché c’è una crisi dei modelli di società che abbiamo conosciuto e perché stiamo vivendo una fase ,probabilmente lunga e contraddittoria, di passaggio sistemico.

C’è una crisi della politica perché c’è una crisi di identità di tutti i vecchi strati sociali scombussolati dalla crisi

In questo contesto, occorre interpretare l’attacco alla politica e ai partiti come una motivata quanto strumentale azione di spostamento di responsabilità, su obbiettivi che alleggeriscono le responsabilità  di coloro che la crisi hanno provocato e che ora scaricano i suoi effetti devastanti sulla povera gente di tutto il mondo,.

La politica ha il dovere di proporre un livello morale più elevato dell’attuale,ma soprattutto ha il dovere di proporre valori,  strategie e programmi per uscire da questa situazione.

La gente vuole che i partiti producano uno sforzo di auto moralizzazione,ma anche di individuazione dei bisogni e di proposte per ricomporli in un’ottica di bene comune

Noi non siamo uguali agli altri,ma dobbiamo marcare una distinzione politica oltre che morale altrimenti bastano alcuni scandali che coinvolgono persone nostre per fare crollare l’impianto sostenuto dalla sola difesa della nostra diversità morale.

Quello di cui si dovrebbe discutere è la prospettiva di modifica della società,di regole di correzione del sistema.

Non si tratta di un dibattito teorico,ma di indicare all’eterogeneo mondo del lavoro come si correggono le fasi di crisi sistemica e come comunque si attenuano gli effetti delle eventuali difficoltà con una logica di equità.

Il distacco della gente dalla politica dirottato con un’orchestrazione eccezionale sui partiti, sta nel fatto che ci sono masse crescenti che si sentono abbandonate nei loro interessi .

In assenza di questo prevalgono il rifiuto della politica o la risposta protestataria.

Questa è altra cosa dal continuare a portare avanti un dibattito metodologico su primarie,rapporti base vertice,rinnovamenti forzati dei gruppi dirigenti che sta caratterizzando anche l’avvio,in questa fase delicata, il dibattito interno.

E’ inutile inventare contrapposizioni sciocche tra innovatori e conservatori,perché questa dialettica sta dentro ciascuno di noi e non possiamo riproporla schematicamente ad usum delphini.

Sono convinto che i problemi siano un po’ più complicati di come vengono posti dai “rinnovatori” del partito

Lo vediamo dalle difficoltà che incontrano i tecnici,che pure si muovono in un ambito ristretto (vincoli BCE,maggioranza anomala).

SE continuiamo con i dibattiti metodologici,dimostriamo di non aver compreso il senso profondo del distacco dei cittadini dalla politica che è di rappresentatività politico sociale.

Abbiamo fatto più primarie noi in quattro cinque anni dell’intera America nella sua storia federale,proposto ed attuato regole ,codici etici ,allestito eccezionali percorsi di partecipazione.

Io credo che tutto questo sia servito,ma senza il nostro senso di responsabilità,la nostra politica di equità e l’alternativa politica che stiamo costruendo tutto questo sarebbe servito a ben poco.

Dobbiamo  aprirci ad un confronto a 360 gradi sulle questioni che riguardano la società, la prospettiva che ad essa vogliamo dare.

Nella campagna elettorale per il Sindaco di Monza e credo che sia stato così ovunque, abbiamo discusso con i cittadini per un buon 70% di temi generali (crisi, lavoro, migrazione,giovani ,moralità,costo della politica).

C’è riscontro di questo nel modo di lavorare del partito?

Io credo che qui ci sia una carenza oggettiva che riguarda a volte la funzionalità di alcuni circoli ,ma anche delle strutture intermedie troppo finalizzate alle istituzioni e ai dibattiti di metodo

In questo quadro io vedo anche la riflessione che è stata proposta dal nostro circolo.

Apprezzo la bidirezionalità delle idee tra base e vertice,e l’esigenza di fare uno sforzo per il rilancio dei circoli e di investirli di dibattiti più generali oltre che dell’attività quotidiana.

Una serie di suggerimenti sono in parte già di uso comune nel partito,non mi scandalizza che siano richiamati.

Mi sarebbe piaciuto  sulla vicenda AGICOM che si fosse posto l’accento più sulla definizione di criteri nuovi per le decisioni fermo restando che per quanto possa apparire a qualcuno non sufficientemente trasparente il  metodo di elezione, il percorso con cui ne sono stati eletti i componenti, costituisce un passo in avanti notevole rispetto al passato.

Anche sulle primarie avrei qualcosa da dire nel senso che mi pare ovvio che nel momento in cui ci sono più candidati si dovrà utilizzare questo sistema.

Non sarei d’accordo se si facessero a tappeto,magari inventando antagonismi privi di valore, anche di fronte a candidati naturali riconosciuti ,sarebbe una perdita di tempo e di energie.

Concludendo su questa vicenda io mi identifico in questo documento e soprattutto nello spirito positivo in cui è stato scritto .

Esso è uno stimolo a tutte le strutture di partito per un ulteriore balzo nella democrazia interna e per potere affrontare i temi

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