La visita al Campo dei Partigiani al Cimitero di Monza di Domenica (6 novembre, ma nell’ambito delle celebrazioni annuali per il 4 novembre) mi ha fatto tornare in mente 2 aspetti della mia infanzia.
Il primo, le visite al cimitero con la mia bisnonna; al di là della fermata di prammatica sulle tombe di alcuni lontani parenti (che io nemmeno conoscevo, ovviamente), il cimitero aveva un che di affascinante per un bimbo di 6 – 7 anni.
Quella statua di un militare su una barella, quel cannone fermo sul prato, le semplici croci bianche sulla destra, che la bisnonna spiegava essere “i morti in guerra”.
Quelle spiegazioni facevano il paio con altri racconti “di guerra”, come quello di una crepa sul soffitto di casa, dovuto a una raffica di mitra esplosa da “un tedesco ubriaco”; in realtà, la guerra per me (per noi) era tornare a casa e mettersi a giocare coi soldatini dell’Atlantis, e fare un po’ di casino per il resto del pomeriggio. Ignoravo completamente il significato di quelle tombe, e di quei simboli. E poi, le scorrerie in bicicletta con gli amici, lungo vie e piazze di Monza dai nomi per noi insignificanti: Messa, Gambacorti Passerini, Citterio ….
Confesso che prima di domenica non mi ero mai fermato davanti a quelle croci bianche, e anche se negli anni mi ero finalmente premurato di cercare almeno di capire perché la mia città avesse vie con quei nomi, adesso posso collegare a quei nomi dei volti, delle date. Date impressionanti, considerata la giovanissima età di molti di quei morti.
Un po’ in disparte, domenica ho notato un signore, di una certa età, davanti ad un’altra lapide; ho voluto chiedergli di cosa si trattasse. Mi ha spiegato che si tratta del monumento agli internati nei campi di concentramento nazisti. Mi ha detto “il mio Presidente oggi non è venuto, ha qualche problema di salute, è un po’ più anziano di me; sa, ormai a Monza siamo rimasti solo in 3”; lui ha 88 anni ….
I sentimenti che ho provato, e provo anche in questo momento, mi tolgono qualunque voglia di polemizzare col “nostro” sindaco; il suo atteggiamento è, prima che politicamente sbagliato, soprattutto stupido e maleducato nei confronti di chi ha sofferto sulla propria pelle i fatti di quegli anni. Preferisco ascoltare quel signore, la sua storia di soldato 20enne, in caserma nel Friuli, che dopo l’8 settembre è arrestato dai tedeschi per la sola colpa di indossare un’uniforme italiana, poi finisce in Polonia e di lì in Russia: questi ricordi non devono andare perduti. E’ il motivo per cui ho aderito all’ANPI, e per cui domenica ero lì.
Finita le cerimonia mi sono fermato qualche minuto sulla tomba di mio padre; ho purtroppo la certezza di averlo deluso molte volte in vita mia, ma so che ieri è stato contento che io fossi lì, non solo per lui.
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