In questi ultimi mesi anche a Monza le vicende che hanno riguardato: la gestione futura della Villa Reale, del NEI, dell’acqua, ha riproposto la questione delle relazione “pubblico-privato”.
Il rischio da evitare è quello di liquidare il tutto con “il pubblico è il bene” e “il privato è il male”.
Il contributo di Raffaele Mantegazza (docente alla Bicocca e Assessore Cultura ad Arcore) presente al Work shop organizzato al N.EI dal Foa Boccaccio è stato molto utile per affrontare questo tema nella sua complessità e nelle diverse sfumature da considerare.
Da “fatti privati” a temi della comunità
Una prima considerazione portata da Mantegazza, ha riguardato il concetto di privatizzazione, che va letta non tanto rispetto al chi è chiamato a gestire i servizi sociali o culturali (molti di questi nati e gestiti da esperienza sociali private) ma dal considerare se rispetto ai problemi (droga, giovani, handicap, cultura) ci si pone in termini “privati”. Una questione che riguarda solo il rapporto con il singolo individuo interessato e non come dovrebbe essere affrontato in termini di socialità e comunità.
Esempi concreti: il servizio pubblico fornisce il metadone al tossicodipendente, la Regione i buoni scuola alle famiglie, le Asl gestiscono gli aborti etc etc..
E ancora oggi chi si occupa e si fa carico dei “nuovi temi della sofferenza” , i giovani “che stanno da cani”, alla depressione psichica che attraversa sempre di più la gente comune, il fenomeno nuovo dell’angoscia degli undicenni, della separazione e contrapposizione migranti-comunità locale.?
Al di là quindi di chi gestisce i servizi, la discriminante è quella di capire se, siamo di fronte a fatti “privati” o della società e del territorio.
Un territorio che se ne fa carico, con un lavoro comune in tutte le sue componenti pubbliche, associative,private e dei cittadini interessati nella comunità,
L’efficacia e l’efficienza dei Servizi sociali dopo Brunetta
La recente legge Brunetta, obbliga i Comuni a “misurare” in termini di efficacia ed efficienza i servizi sociali e culturali, questo oltre ad avere aumentato burocrazia e messo nel “panico” chi opera nei servizi, pone da subito una domanda.
E’ mai pensabile e possibile (come prevede la legge) valutare con criteri “aziendali” e “quantitativi”, servizi che si fondano ed agiscono con al centro la “relazione” tra operatori ed utenza?
La risposta è no!.
Perché la quantificazione dei risultati, viene misurata sui numeri: quanti utenti, partecipanti, tempi di attesa etc. e non sulla qualità della relazione individuale e di comunità realizzata.
Anche qui alcuni esempi.
Un servizio che aiuta i giovani che cercano lavoro, è efficace perché ce ne sono tanti che vanno al centro oppure per il percorso di orientamento e di esperienza che il giovane fa nello sportello e nella ricerca stessa?
Una incontro culturale, così come una festa per i giovani: è efficiente perché è venuta tanta gente (in genere passiva) oppure quando c’è alle spalle un lavoro di coinvolgimento e di partecipazione (magari minore nei numeri), responsabile e diretta di associazioni o giovani?
Allora sempre per Mantegazza , un servizio è “efficiente” se è capace di far diventare quel problema un intervento rimandato e gestito con la comunità del territorio.
E’ efficiente, se è capace di uscire da se stesso e si apre e coopera in rete con i soggetti interessati dal territorio.
E a Monza allora?
Da questi importanti spunti di analisi e riflessioni, portati da Mantegazza ,c’è materia anche per una riflessione sulla attualità monzese.
Infatti lo “slogan” più utilizzato in questi mesi da parte nostra, è stato quello che siamo “contro la privatizzazione”, spesso intesa con il lasciare ai privati la gestione.
Credo che ampliare e rendere più complessa la riflessione, può essere molto utile, alla luce anche di fatti concreti: gli appalti sulla Villa Reale e sul Nei sono un dato di fatto.
E allora credo che il problema debba essere posto, non tanto sulla “gestione” ai privati ma sulla “governance” che deve rimanere pubblica, che le finalità e i contenuti sociali e culturali siano garantiti e che progettazione e gestione delle iniziative, siano frutto di un farsi carico della comunità nell’insieme delle sue componenti.
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