La disoccupazione giovanile è al 30%, sono 4 milioni “precari” in Italia, dei quali il 40% diplomati e il 20% laureati. Sono 2 milioni i giovani che ormai né lavorano, né studiano.
Sono queste le crude ma eloquenti cifre di una drammatica situazione che sta bruciando una intera generazione e il suo futuro.
Occupati come siamo: noi dal “quotidiano sopravvivere”, il Governo da quando esiste ad occuparsi unicamente dei problemi giudiziari del premier anche la politica e gli stessi partiti dell’opposizione fanno fatica a mettere in agenda la questione del precariato e dei giovani come la vera emergenza italiana.
A cercare di dare “la sveglia” a Governo, istituzioni e partiti, è stato ancora una volta il “popolo di internet” e dei blogger, che nel giro di poche settimane, ha saputo attivare un movimento “Il nostro tempo è adesso” che sabato scorso ha saputo organizzare manifestazioni in 50 città italiane: di giovani, di precari e di persone ormai diventate adulte ma ancora precarie.
Fino a pochi anni fa la parola precario richiamava nell’immaginario della gente: quello senza titolo di studio, che aveva poca voglia di lavorare, insomma lo sfigato.
Oggi la “mappa” del precariato giovanile è composta da architetti, avvocati, giornalisti, designer, ricercatori universitari.
La maggioranza di loro ha una o più lauree ed è disposta a tutto pur di lavorare: prendere 600-100 euro al mese, mettere insieme tre lavoretti (spesso in nero) per sommare un reddito minimo, fare ricorso oltre i 30 anni all’unico ammortizzatore sociale esistente che è ancora la famiglia.
Più che i numeri, per capire davvero che cosa vuol dire il “vivere da precario” è utile ascoltare le loro storie. Settimana scorsa Repubblica.it ne ha raccolto migliaia di questi vissuti raccontati dai diretti interessati e vale davvero la pena leggerle per farsene almeno una idea: http://racconta.repubblica.it/generazione-perduta/risultatitotali2.php
Anche se il Sud continua ad avere questo triste primato, al Nord il fenomeno precariato non sta meglio.
Nella provincia di Milano siamo al 24% di disoccupazione giovanile e si sono persi altri 130 mila posti. In diminuzione i contratti a tempo indeterminato, determinato e di apprendistato e in aumento invece quelli delle partite Iva, degli stage e dei contratti “a chiamata”.
E’ vero: il Pd a livello nazionale e locale ha cercato periodicamente di fare emergere la questione del lavoro e dei giovani come il tema più urgente e principale della nostra agenda e lo ha fatto anche sabato con l’iniziativa “la notte bianca della scuola pubblica” , svoltasi con successo a Milano e in molte città italiane.
E’ anche vero che questo sforzo fa fatica ad emergere ed a diventare davvero il tema di una grande mobilitazione del partito e della politica.
Una politica del lavoro che cerchi di coniugare due esigenze imprescindibili: quella di un mercato del lavoro che contenga la possibilità di flessibilità (non precarietà) con i diritti di migliaia di giovani a “lavori” che rispondano alla loro formazione, al loro merito e ad un reddito dignitoso.
Un reddito da percepire sia nelle esperienze lavorative ma anche nei periodi di mobilità prevedendo ammortizzatori sociali per i giovani.
Lo slogan “il nostro tempo è adesso” non vale quindi per i giovani interessato ma anche, se non soprattutto al ruolo e alla responsabilità della politica: compreso noi del Pd.
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