Sono passati 20 giorni dalla grande delusione elettorale e prima ancora di tentare qualche analisi dei perché e del "che fare", è bene non sottovalutare la sfera “dei sentimenti” dei tanti che come me e con me, hanno condotto “in prima linea” la campagna elettorale.
Penso che molti di noi, malgrado le pesanti e recenti sconfitte (referendum e amministrative) abbiamo trovato in fondo a sé le residue motivazioni per esserci.
Per quanto mi riguarda, l’esserci ha corrisposto alla consapevolezza che eravamo di fronte ad una svolta radicale, che prefigurava un futuro populista e sovranista, pur con la speranza, che non andassero disperse le tante cose positive dei Governi Renzi e Gentiloni.
Che il “vento” tirasse in quella direzione, l’avevamo ben percepito, stando nelle piazze e vivendo con la gente; ma che il vento fosse così contrario e forte non lo si poteva immaginare.
Dall’Assemblea cittadina in poi, stanno emergendo due reazioni opposte: c’è chi (rimuovendo le cause) sta reagendo con comprensibile orgoglio: mi iscrivo, mi impegno. C’è chi , come me, che da una vita sono in campo, mischia senso di frustrazione e di rabbia, con confusione e svuotamento motivazionale (con il rischio di abbandonare il campo).
Ci vorrà tempo e pazienza per metabolizzare, ma il mio augurio è quello di non evitare come in passato (vedi mancate verifiche dopo referendum e amministrative) le necessarie analisi sulle cause strutturali. Preservando invece quanto di positivo si è realizzato.
Convinto come sono che la sconfitta sia figlia prioritariamente di cause generali:
- gli effetti della globalizzazione in termini di ricadute economiche, sociali (i flussi migratori);
- I cambiamenti culturali delle persone, con la vincita “della pancia sulla testa”, con l’affermazione “dell’io contrapposto al noi”, con il il ruolo decisivo dei media e del web.
- le ragioni politiche: governare la complessità o attivare cambiamenti (in Europa come in Italia e nelle città)non crea consenso. Nasce di conseguenza una domanda: e se avessimo perso proprio perché, governando, abbiamo sostenuto le nostre giuste ragioni?
C’erano tutti i segnali che si andava in questa direzione: l’avvento di Trump, la Brexit e la bocciatura del nostro referendum, il blocco separatista dei paesi dell’est, la crisi dell’idea e del ruolo dell’Europa, la quasi scomparsa dei partiti socialisti o meglio dei partiti, la crisi della democrazia, almeno così come l’abbiamo conosciuta in questi anni.
Tutto le altre cause nazionali e gli errori politici del Pd (tanti!) di cui media e dirigenti del nostro partito si stanno in questi giorni appassionando, mi sembrano comunque sinceramente secondari, pur nella loro importanza e necessità di discussione.
Tra i tanti errori strategici, i più importanti mi sembrano quelli di Renzi, che secondo me, è stato un buon premier ma un pessimo Segretario, perché del partito non si è proprio occupato. Il fuoco amico” della minoranza,sia scissionista che interna, anziché democraticamente sostenere contenuti del Governo e rispettare il risultato delle primarie, ha preferito individuare il Renzi “il nemico” da combattere.
Ma vediamo cosa compete a noi, per il Pd di Monza.
In questi anni nel nostro territorio (ma non solo) ci si è domandati se anche il Pd sia diventato solo un Comitato elettorale,in funzione delle diverse scadenze e al solo servizio organizzativo a favore degli amministratori e degli eletti.
Per quanto riguarda il Pd di Monza, il risultato del 26%( in controtendenza rispetto a quello nazionale) non deve nascondere le debolezze politiche e organizzative..
Nel contempo, la sconfitta può diventare una grande opportunità per ridefinirci come partito “che pensa e agisce”
Come? Elaborando e dandosi un progetto che:
- attivi “luoghi di pensiero e confronto,” di cui c’è gran bisogno, di fronte a disorientamento e complessità. Luoghi plurali, dove si impari a stare insieme tra pensieri diversi; luoghi preparati e supportati da persone competenti
- rimetta in moto un lavoro di “relazioni” e riaggregazione con le persone del Pd: quanti in questi anni sono stati in consiglio comunale o hanno fatto gli amministratori, chi è stato nelle nostre liste (di cui si è perso traccia), chi si sta approcciando adesso al partito. E’ per me, quello delle relazioni, il lavoro più importante che un Segretario dovrebbe fare.
- preveda con periodicità incontri fra gli eletti locali,regionali e nazionali e i nostri simpatizzanti, per report e “question time”..
- sciolga, finalmente i nodi dei circoli “virtuali” o reali e ragioni su quale identità e ruolo dare ai forum, verificando se esiste una compatibilità tra le due cose.
- rielabori strumenti, linguaggi e funzioni riguardo al tema della comunicazione, lato scoperto e debole del nostro agire, anche in città
Ci aspettano tempi lunghi e grandi difficoltà, ma questo non può più essere un alibi per non ripartire in maniera radicalmente diversa andando avanti come se niente fosse accaduto.
La partita è il futuro del Pd: prima di perderla, vediamo come giocarcela.
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