Il verosimile è diventato un valore fondamentale di questa società, ma, come certa bigiotteria resa simile all’oro, non è oro, così il verosimile non è la verità ma una sua imitazione, un surrogato consolatorio, nella peggiore delle ipotesi una frode. L’ho detto tante volte, nessuna legge sul welfare ha mai creato occupazione in nessuno stato del mondo semplicemente, buone o cattive che siano le leggi, perché non è il suo obbiettivo.
Possiamo pensarla come vogliamo sul Jobs Act, ma rimane questo dato di fondo.
Perché si continua a dire una cosa verosimile, ma non vera?
C’è una timida ripresa in Europa e ne siamo tutti contenti ma tutti gli economisti europei e mondiali sono concordi nel dire che essa è molto fiacca, seppur foraggiata da una strisciante svalutazione dell’euro, sostenuta da una massa finanziaria notevole immessa sul mercato dalla BCE (il famoso QE), da una caduta del prezzo del petrolio, a cui si aggiunge, per l’italia, una stagione turistica come non si vedeva da anni per il tempo buono e la defaiance di alcuni paesi concorrenti, l’Expo.
In questo contesto il nostro paese è, tra i paesi di vecchia industrializzazione quello con l’aumento di Pil più basso e non ha senso dire che partiamo da una situazione più arretrata perché questo dovrebbe invece aver fatto scattare l’effetto molla a nostro favore.
L’ottimismo che si va spargendo soprattutto sull’effetto del Jobs Act è fuori luogo.
Far credere che l’azione di questo governo abbia sconfitto la recessione facendo salire Pil e occupazione è un atteggiamento che gioca sul verosimile, ma non sulla verità.
L’inversione di tendenza nasce nell’ultima fase del Governo Monti e si consolida fino alla fine del 2013 con il Governo Letta passando da un -3% al -04% che è ancora un dato di lieve recessione, ma che evidenzia un grosso sforzo di ripresa se si tiene conto che non c’era Qe, e che il trend di sviluppo europeo non era quello attuale.
Nel 2013 con Letta si è sviluppata una ripresa del reddito, sempre in terreno negativo, di quasi il 2,5%
Nel 2014 con il Governo Renzi il PIL riscende un po’ e si asseta poi alla parità a fine anno.
Nel 2015 il PIL continua a salire con lo stesso trend del 2013, ma ora lo fa non più in recessione.
Cioè l’inversione di tendenza viene da lontano ed è tanto il frutto delle azioni di politica economica dei governi che si sono succeduti quanto di una situazione internazionale che andava facendosi migliore.
E’ il recupero del PIL fatto da Letta e consolidato con Renzi che ha reso possibile un certo sviluppo dell’occupazione.
E’ evidente che i fattori internazionali hanno pesato più delle attività dei governi nello ristabilimento di condizioni più positive per il nostro Paese, attribuirsi il merito esclusivo è un atteggiamento da mosche cocchiere che non ha senso.
Capisco che chi è abituato a concepire la storia divisa da uno spartiacque costituito da Renzi e pensa che ci sia un prima di Renzi avvolto nelle tenebre e un dopo Renzi illuminato e proiettato nel futuro, queste considerazioni possono apparire un atto di lesa maestà, ma prima di tutto si tratta di verità e in secondo luogo sono anche la difesa di una azione di questo partito che, anche prima di Renzi, ha lavorato per risalire la china in cui Lega e destra avevano cacciato il paese.
L’ottimismo non va spento, ma va calibrato anche perché continua una scarsa predisposizione agli investimenti e la situazione internazionale non si sta sviluppando in modo positivo.
Intanto continua una politica di austerità in Europa che rischia ulteriormente di frenare la ripresa.
C’è un’area di guerra che si va estendendo e che produce fenomeni di vero e proprio esodo biblico, con una Europa ancora troppo immobile e largamente ostile a farsi carico di soluzioni condivise e concordate del problema dei profughi. Le immagini che hanno devastato e devastano le nostre coscienze sono lì a ricordarci l’esigenza di iniziativa politica nuova nella direzione del medioriente.
Io non credo a soluzioni militari non legate a proposte politiche di soluzione dei conflitti e se come sta avvenendo alcuni paesi tentassero la strada della soluzione militare, la stabilità internazionale verrebbe compromessa.
Tra i fattori internazionali più importanti c’è anche la questione cinese, la cui situazione economica si risolverà solo con un salto di qualità dell’apparato produttivo cinese verso prodotti dell’economia verde e a più alto valore aggiunto(cosa già in atto), mi auguro anche con una espansione della democrazia e un decentramento dei poteri dello stato. Tutto questo ci creerà nuovi problemi di concorrenza.
Non è da sottovalutare nemmeno l’effetto negativo sul mercato dell’auto che può essere innescato dal caso Volkswagen.
Per tutti questi motivi è necessario riservare una attenzione particolare alla nostra struttura economica che è in larga parte rimasta indietro nell’innovazione ed anche nei suoi assetti organizzativi senza inseguire generiche richieste di diminuzione di tasse che viene dal fronte imprenditoriale.
Come pure occorre passare dai tagli lineari ad un disegno coerente di riorganizzazione della spesa pubblica.
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