Le prove tecniche di Macroregione sono deludenti. I comuni sono davvero in difficoltà e il patto di stabilità territoriale è uno strumento importante e condiviso, ma il neopresidente lo ha venduto come un fatto che riguarda le tre Regioni a guida leghista, come se la sinergia potesse portare valore aggiunto, e così in realtà non è.
Ogni regione italiana fa da sé, come prevede la legge. Non solo, le risorse di quest’anno sono drammaticamente diminuite: per la Lombardia ammontano a 134 milioni di euro a fronte dei 210 milioni dell’anno scorso, e per una platea molto più ampia di comuni, perché nel 2013, a differenza del 2012, entrano nella ripartizione delle risorse anche il comune di Milano oltre a tutti i comuni tra i mille e i cinquemila abitanti, prima esclusi dal rispetto del patto di stabilità. Peraltro, queste risorse sono per l’80% messe a disposizione dallo Stato, mentre alle Regioni viene chiesto di contribuire con il restante 20%. Nulla impedisce alla Regione Lombardia di fare uno sforzo in più, pareggiando l’impegno assunto negli anni precedenti. Certo, dopo aver bevuto tanta propaganda da parte di Formigoni ci attendevamo che Maroni volesse iniziare in modo differente. Purtroppo non è così.
Alle difficoltà dei comuni che poi ricadono sui cittadini, sui servizi e sulle aziende fornitrici, occorre rispondere in modo molto più netto e incisivo. La nostra proposta è di attuare al più presto la regionalizzazione del patto di stabilità, che in Lombardia significherebbe liberare risorse per 9 miliardi di euro. E di aprire presto un cantiere per costruire insieme ai comuni nuovi criteri di riparto e incentivazione. Solo così si può dare alle autonomie locali la possibilità di operare e di pagare i propri debiti con le imprese creditrici.