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toia_su_europaRiceviamo e pubblichiamo volentieri la lettera della nostra parlamentare europea Patrizia Toia su un tema di estrema attualità: dentro questa grande crisi, ha un futuro l’Europa?...e se sì quale?.

Care e cari tutti, 

l'ultima newsletter era all'insegna della soddisfazione per il "vento nuovo in Europa", che le elezioni francesi e altri eventi avevano iniziato a far soffiare, ma la tempesta su questa travagliata UE é rimasta forte e anzi nelle ultime settimane si é aggravata.
Oggi basta leggere la stampa per capire che ancora l'approdo europeo non é chiaro né certo.
Molti si chiedono: ma é proprio vero che l'Europa é al bivio? E questo bivio rischia di essere la "scelta definitiva" tra il salto di qualità e l'inizio di disgregazione?
La mia risposta é: si, é vero.
Ma é altrettanto vero che in politica i momenti veramente "ultimi" sono, per fortuna, rari e nuove opportunità si possono aprire proprio nel momento peggiore.
Il bivio é cruciale perché oggi si impone come ineludibile la scelta di fondo sempre accantonata: fare o no l'Europa?
Infatti le molte proposte e soluzioni tecniche, che pure ci sono e sono pronte, rischiano di essere tutte necessarie ma non sufficienti se non si fa la scelta di fondo e cioé completare la costruzione politica del progetto europeo.
La sfida é completare l'integrazione e costruire gli Stati Uniti d'Europa, una grande federazione di Stati membri che riveda poteri e competenze, definisca i suoi organi istituzionali e il suo funzionamento su fondamenta saldamente democratiche.
L'unione monetaria (che c'é), l'unione fiscale (Fiscal Compact), l'unione bancaria (lanciata in questi giorni), sono tutti passaggi che rimandano, per essere veramente efficaci, all'Unione politica: chi comanda in Europa, con quali regole e sulla base di quale legittimazione democratica.
Servono un "governo europeo", un Tesoro europeo, una Banca Europea (come la Federal Reserve), serve un Presidente europeo eletto dai cittadini.
Gli strumenti monetari, finanziari, economici e bancari sono insufficienti e ci consegnano, ancora una volta, un'Europa che tenta di rispondere colpo su colpo alle bordate degli attacchi della speculazione, ma lo fa parzialmente e con lentezza, con il risultato di esporre "fianchi scoperti" ai mercati aggressivi che di volta in volta colpiscono laddove si vede un varco in questo o quel Paese.

Un esempio per dire come la scelta di fare l'Unione politica sia essenziale anche per gli aspetti finanziari?
Eccolo: se si lasciano i "poteri" come sono oggi, nel progetto europeo incompiuto, rafforzare la "governance" comunitaria equivale a una cessione di sovranità degli Stati, cosa che fa scattare comprensibili (ma non giustificabili) resistenze nazionali.
L'obiezione nasce spontanea: perché dare ad "anonimi" e tecnocratici (si dice) livelli bruxellesi le scelte che i governi democraticamente eletti sentono sotto la propria responsabilità?

Se invece avessimo un'Europa frutto di una vera unione politica, i livelli comunitari sarebbero più legittimati democraticamente (ad esempio attraverso l'elezione diretta del Presidente, il rafforzamento del ruolo del Parlamento europeo...) e ci sarebbero più possibilità di controllo sull'azione comunitaria da parte del Parlamento Europeo e dei Parlamenti nazionali, nonché procedure di formazione delle decisioni che vedrebbero un equilibrato concorso delle varie istanze istituzionali e politiche.
Il percorso va dunque rovesciato. La riforma politica e istituzionale dell'Unione Europea porterebbe a una capacità delle istituzioni comunitarie di assumere tempestivamente quelle decisioni "storiche" che i tempi richiedono, senza comportare perdita di sovranità degli Stati membri, ma attribuendo la sovranità al livello più appropriato per gestirla con efficacia.
Si prenda, ad esempio, la realtà degli Stati Uniti d'America. Un qualunque Stato USA non sente di aver ceduto sovranità se le politiche federali sono decise a Washington dal governo federale e attuate dalle sue Agenzie (Federal Reserve compresa). Sa infatti che il livello federale é una garanzia, una tutela per la sua economia e la sua stabilità, sa che il Congresso approva o meno le decisioni, che "controlla" i singoli atti del Presidente e dell'Amministrazione e soprattutto ha concorso democraticamente alla scelta degli organi federali.

La strada indispensabile é dunque riaprire il capitolo dell'Unione politica, come molti appelli di varie personalità sollecitano in questi mesi.
Il tema infatti non é solo "salvare l'euro", ma essere consapevoli che l'euro si salva solo se si salva l'Europa.
Il compito é di tutti, ma principalmente é della politica e le diverse famiglie politiche europee (partiti, gruppi parlamentari, movimenti) devono esprimersi con chiarezza.
Molte voci si sono espresse, penso ai "grandi vecchi" dalle idee ancora fresche: Jacques Delors, Helmut Schmidt, Helmut Koll e poi la generazione successiva, tra cui Romano Prodi, Gerhard Schroder, Joschka Fischer, Guy Verhofstadt, Hannes Swoboda...


Su questa strada i progressisti europei (socialisti, socialdemocratici e democratici) e il PD italiano si sono già impegnati e stanno conducendo battaglie piuttosto solitarie. Anche i Verdi europei sono senz'altro attenti e favorevoli a questa prospettiva europeista.
Alcune voci nel PPE e tra i liberaldemocratici si stanno facendo sentire, ma prevalgono purtroppo le posizioni di resistenza che vanno dalla chiusura alla cautela, soprattutto nel PPE.
Occorrerebbe che dal centro destra italiano, che spesso tenta di "appropriarsi" di figure storiche come De Gasperi, venisse una sferzata di impegno e un tentativo di superare l'egemonia che personalità come quelle della Merkel e di Sarkozy ancora esercitano dentro al PPE condizionando, con la maggioranza di destra che c'é nelle istituzioni europee, le scelte finali.
Su questo punto é bene essere molto chiari, in Europa non tutti hanno le stesse posizioni e le stesse responsabilità. Il peso preponderante del PPE (e dei suoi leaders più rappresentativi) ha avuto fino ad ora un ruolo determinante. A riguardo mi permetto di fare un'osservazione a margine: la decisione del salvataggio spagnolo (che é stato un salvataggio delle banche senza implicare una "messa sotto tutela" del Governo) é stata adottata in una riunione del PPE prima della decisione finale degli organi istituzionali. Non con altrettanta attenzione verso le istituzioni di un Paese si é agito nel caso della Grecia.

Cosa fare dunque adesso? Devono partire immediatamente le azioni più urgenti nelle prossime tre settimane prima del Consiglio Europeo di giugno, ma accanto a questo va ribadita la volontà politica di porre mano all'integrazione, cioé all'Unione Politica.

Le scelte urgenti riguardano:
stabilità finanziaria: col Six Pack e il Fiscal Compact si é messa in essere la sorveglianza che ora si vuole rafforzare col "Two pack" sul quale contiamo domani di vedere approvati anche il redemption fund e la golden rule. Senza questi due punti positivi credo che il nostro gruppo si asterrà o voterà contro, perché ormai é chiaro a tutti che le sole regole di bilancio non aiutano a crescere, anzi frenano.
Fondo Salva stati: deve essere uno strumento stabile e adeguato per dare il segnale che l'Europa non lascerà fallire nessuno Stato membro. Il credito dato alle banche spagnole é senz'altro un segnale importante.
Problema del debito: l'eccessivo livello dei debiti sovrani fatica a essere riassorbito nei tempi e negli standard stabiliti. Occorre alleggerire la situazione di alcuni Paesi o attraverso la creazione del "fondo di redenzione" del debito con la mutualizzazione dei debiti pubblici superiori al 60% del Pil, o con la proposta di creare una vera e propria Agenzia del Debito o con altre specifiche proposte che sono sul tappeto.
Crescita: il gruppo S&D presenterà domani in aula un emendamento per l'inserimento di una "soft golden rule". Come noto l'Italia, anche attraverso il Governo e le autorità locali, insiste su questo punto perché il Patto di Stabilità rischia di immobilizzare troppe risorse pubbliche che sarebbero preziose per la crescita . Questa proposta non rappresenta un indebolimento del Patto di Stabilità, ma uno strumento per difenderlo e consentire che esso sia effettivamente rispettato, rafforzando sensibilmente il ruolo della Commissione e affidandole il ruolo di identificare alcuni investimenti produttivi attribuendo ad essi un trattamento diverso nel quadro della definizione dagli obiettivi di bilancio di medio termine sulla base del principio di una "disciplina sostenibile".
-MFF: si tratta del bilancio dell'UE per i prossimi 7 anni e si tratta di decidere quante risorse, per quali priorità, e con quale "collaborazione" con la spesa dei vari Stati. Il gruppo S&D (ma anche l'intero Parlamento) sta spingendo per un bilancio più forte e ambizioso e perché l'Ue si doti di risorse proprie, attraverso l'introduzione della Tassa sulle Transazioni Finanziarie, la riforma dell'IVA, l'emissione di Europroject.
Le priorità che noi avanziamo sono quelle della ricerca e dell'innovazione, il sostegno al sistema industriale in un'ottica sostenibile, la politica di coesione per le regioni più svantaggiate e di competitività per le regioni più forti, il sostegno alle politiche di cittadinanza, quelle sociali e culturali e un adeguato finanziamento alla riforma della politica agricola comune.
Non vogliamo chiedere un aumento della contribuzione dell'1% attuale degli Stati, ma vogliamo che attraverso gli strumenti finanziari sopraelencati ci sia anzi una riduzione nel contributo degli Stati al bilancio europeo.
Il bilancio europeo é un forte strumento di investimento in quanto il 94 % delle risorse comunitarie ritornano agli Stati membri per l'agricoltura, lo sviluppo regionale, la formazione professionale, l'innovazione tecnologica, il sostegno produttivo, le reti europee...
Sono davvero giorni "febbrili" e mai come ora si capisce che le scelte europee ricadono direttamente sulla vita dei cittadini. Ai vari livelli stiamo lavorando perché all'appuntamento "storico" l'Europa prenda finalmente le scelte indispensabili.
Non puo' essere altrimenti, stavolta non potremo dire: "peccato é stata un'occasione persa", perché il Consiglio Europeo di giugno se non é l'ultima occasione, "poco ci manca".

Patrizia Toia (Parlamentare Europea del Pd)