Non solo le comunità protette sul modello delle Case, ma un'integrazione tra tanti servizi diversi. La risposta alla piaga sociale della violenza contro le donne, purtroppo in crescita, deve essere complessa.
E' quanto è emerso dalle ultime audizioni in Commissione Sanità, durante le quali sono stati ascoltati i rappresentanti delle realtà più rilevanti che in Lombardia si occupano di gestire il problema, come la Clinica Mangiagalli e il Centro antiviolenza dell'Ospedale San Carlo.
"E' fondamentale recepire i suggerimenti che ci arrivano da queste realtà perché in questo modo abbiamo una fotografia chiara e aggiornata di questo complesso fenomeno, perché ci arriva da chi lo osserva da vicino ogni giorno. Abbiamo avuto la conferma che la Lombardia ha bisogno di avere al più presto una legge che possa costituire un punto di riferimento e al tempo stesso non disperdere i fondi e i molteplici sforzi che più operatori compiono e che vanno quindi valorizzati e messi in rete" ha spiegato la vicepresidente Sara Valmaggi, firmataria di una delle proposte. L'impostazione della legge terrà insieme molteplici aspetti perché sono tante le modalità possibili di intervento sul problema. Un problema di salute pubblica, un problema per la collettività e non soltanto per le vittime.
Come dimostrano le statistiche più recenti infatti chi subisce violenza fa più spesso accesso alle strutture sanitarie (e questo è un costo sociale diretto), si assenta più spesso dal lavoro, tende a crescere figli aggressivi o problematici (e questo è un costo sociale indiretto).
La necessità che la legge sia pronta al più presto si fa dunque ancora più stringente considerato il fatto che da un lato il fenomeno è in crescita, dall'altro c'è ancora scarsissima capacità di incidervi se non in fase di emergenza. "Serve prevenzione e occorre fare uscire più vittime dal silenzio - ha puntualizzato Alessandra Kustermann della Clinica Mangiagalli –
In Italia, oggi, meno del 10% delle donne denuncia di subire violenza, contro il 50% del resto d'Europa.
La legge che vi accingete ad approvare è dunque un pilastro importante dal quale partire, anche per abbattere stereotipi e permettere agli operatori sociosanitari di fare diagnosi precoci".