Le recenti prese di posizione del nostro Ministro degli Interni Maroni sui Rom, che condivide la politica di espulsioni di Sarkoszy, la violazione dell’accordo da parte del Comune di Milano sull’assegnazione di 25 case comunali ai Rom, nonché l’odg ,( che ha per oggetto:espulsione Rom dalla provincia di Monza e Brianza) presentato dalla Lega in Consiglio Provinciale, ci ha indotto a interrogarci come Forum su quale contributo sarebbe stato opportuno da parte nostra elaborare.
Per prima cosa segnaliamo il carattere pretestuoso, discriminatorio e razzista, nei confronti dei Rom, dell’odg della Lega, laddove si imputa ad un’intera etnia la responsabilità di tentativi di furti e presunti rapimenti di minori, dimenticandosi che la responsabilità è sempre individuale e non genericamente collettiva. Per cui chi commette un reato deve essere punito, ma a farne le spese non può essere la etnia di appartenenza.
I campi nomadi nella provincia della Brianza sono sei e l’odg impegna, tra l’altro, il Consiglio a “scrivere al Ministro Maroni affinchè valuti la possibilità e l’opportunità di stanziare un fondo per adottare azioni similari a quelle predisposte dal Presidente francese Sarkozy”.
A questo proposito è opportuno ricordare alla Lega e ai suoi alleati che, oltre alle norme europee che garantiscono la libera circolazione dei cittadini comunitari (e i Rom sono cittadini comunitari e in molti casi sono italiani), esiste anche una Legge della Regione Lombardia, la N. 77 del 1989, che titola “AZIONE REGIONALE PER LA TUTELA DELLE POPOLAZIONI NOMADI E SEMINOMADI” che ha le seguenti FINALITA’ E OBIETTIVI:
“ La Regione Lombardia…… tutela il patrimonio culturale e l’identità delle etnie tradizionalmente nomadi e seminomadi; favorisce l’utilizzo da parte dei nomadi e seminomadi dei servizi pubblici per la tutela della salute e del benessere sociale e più in generale per l’autonomia e l’autosufficienza di tale popolazione…….
a) Approfondire la conoscenza del patrimonio culturale e delle tradizioni delle popolazioni nomadi e portare queste ultime ad una maggiore consapevolezza della realtà socio culture lombarda;
b) Salvaguardare la specificità culturale e linguistica della tradizione delle genti nomadi;
c) Favorire l’accesso ai servizi pubblici ed un efficace utilizzo di essi da parte delle popolazioni nomadi;
d) Promuovere la partecipazione delle popolazioni nomadi alla predisposizione degli interventi che li riguardano;
e) Definire azioni specifiche a tutela dei minori;
f) Prevedere momenti di confronto, anche su progetti sperimentali, fra politiche regionali di altri paesi della CEE, nel rispetto delle normative nazionali ed internazionali in materia;
g) Incentivare tutte le iniziative tese a sensibilizzare la società civile lombarda e gli enti locali per una ADEGUATA ACCOGLIENZA DEI NOMADI.
L’articolo 9 prevede che:
a) La Regione Lombardia;
b) Le Province;
c)I Comuni e gli enti responsabili dei servizi di zona;
d) Gli altri enti ed istituzioni pubbliche, cooperative ecc.
Lega e Pdl, che governano Regione, Provincia e molti Comuni della Brianza, tra i quali Monza, sono disposti a rispettare la Legge, o il rispetto della Legge è richiesto solo agli ultimi fra gli ultimi?
Lega e Pdl, anziché chiedere un fondo a Maroni per l’espulsione dei nomadi, perchè non chiedono fondi per la loro integrazione, così come già avvenuto in altre realtà italiane ed europee?
Abbiamo cercato di approfondire questo tema, nella consapevolezza che nessuno ha la bacchetta magica per risolverlo e ci sono venuti in aiuto due documenti interessanti, di carattere generale, del Direttore di “Aggiornamenti Sociali” e del “ Tavolo Rom di Milano”, dai quali abbiamo tratto degli spunti che riteniamo utili.
In Italia i Rom sono circa 150.000 (di cui 50.000 rumeni e 70.000 italiani) cioè lo 0,20% degli italiani e, secondo le stime disponibili, solo una frazione fra il 15% e il 30% conduce ancora una vita itinerante, gli altri sono ormai sedentarizzati o in via di sedentarizzazione.
In Lombardia i Rom sono 13.000, dei quali 1.400 vivono in casa (il 10%), 1.400 hanno ancora delle professioni itineranti, il resto vive nei “campi”.
Il Censimento effettuato dal Governo nell’estate 2008, i cui dati sono stati resi noti dalla Prefettura di Milano nell’ottobre dello scorso anno, ha rilevato una presenza sul territorio cittadino e provinciale di gran lunga inferiore alle stime fatte in precedenza dal Governo stesso: i Rom (regolari e non) che vivono a Milano sarebbero 2128, e 1434 quelli che vivono in provincia, per un totale di 3562 persone.
Quando si parla di Rom è inevitabile fare i conti con i pregiudizi e gli stereotipi di cui è imbevuta la nostra cultura, formatisi lungo i secoli e oggi rinforzati dalla paura e dalla incapacità di affrontare qualunque forma di autentica diversità culturale. Le statistiche mostrano quanto i Rom siano invisi in Italia, molto di più di altri gruppi etnici.
E tra posizioni personali che ritengono insostenibile la presenza dei Rom nelle nostre città, fino a legittimare e attuare attacchi violenti, e altre definite “buoniste”, che chiudono ingenuamente gli occhi sui reali problemi di convivenza, si collocano quanti strumentalizzano la questione ai fini politico-elettorali, quanti la ritengono prevalentemente un problema di ordine pubblico e di sicurezza e quanti , rifiutando di cadere in dannose polarizzazioni, invitano ad aprire gli occhi sulle sofferenze di quella minoranza e fanno presente che di tratta di essere umani portatori di diritti inviolabili, al pari di tutti.
Sono in gioco secolari pregiudizi ed è necessaria un’azione a livello culturale. In questo senso si sé mosso il Consiglio d’Europa con la campagna “Dosta” (che significa “Basta”) che mira ad avvicinare la cultura dei Rom ai loro concittadini europei, attraverso una presentazione più attenta della loro quotidianità, che vada oltre gli atteggiamenti folkloristici e che, soprattutto coinvolga direttamente gli interessati.
Questo è sicuramente importante,ma non è sufficiente.
Consci di ciò, nell’ultima Assemblea nazionale del PD è stato approvato un documento che chiede al Governo un piano di intervento globale che, a partire dall’obbligo scolastico dei bambini e dal superamento dei campi rom, dannosi sia per i Rom che per i cittadini italiani, offra concrete opportunità di inserimento nella società dei membri di questa etnia. L’Unione Europea ha messo a disposizione da anni risorse per l’integrazione delle comunità Rom, il Governo italiano deve definire un Piano nazionale di integrazione attraverso l’istituzione di un tavolo congiunto tra regioni, comuni e rappresentanti delle comunità Rom.
E a livello locale il Tavolo Rom di Milano avanza una serie di proposte e strumenti per un disegno coerente di supporto alle persone rom e sinti, reso possibile dalle importanti risorse economiche a disposizione del Prefetto di Milano, Commissario straordinario per l’emergenza nomadi in Lombardia.
Si propone la creazione di un’Agenzia ad hoc, che garantisca l’interazione fra diversi assessorati, la piena assunzione di responsabilità dell’ente pubblico, la collaborazione e il coordinamento con il terzo settore.
Compito delle istituzioni dovrebbe essere la presa in carico complessiva delle persone, con la garanzia di un orientamento individualizzato e di un progetto calibrato sul nucleo familiare. I due elementi imprescindibili di questa strategia complessiva sono l’abitazione e il lavoro per i quali risultano necessari un’attività di accompagnamento e una presenza duratura di mediazione.
Interventi analoghi sono già stati sperimentati con successo da diversi anni dalle città di Bergamo, Bologna e Venezia. I fattori di successo sono dati dagli elementi di metodo sopra menzionati: la presa in carico complessiva e non frammentata fra diversi uffici, delle diverse problematiche familiari, l’accompagnamento sociale continuo e non episodico, la mediazione dei conflitti e il pronto intervento a fronte di eventuali tensioni e incomprensioni.
Occorre superare il campo nomadi inteso come grande aggregazione di persone che non vogliono vivere insieme, che non hanno legami di parentela né reti di affinità scelte.
A questo fine va ricordato, con particolare riferimento alle situazioni di sgombero forzato, che sono da considerarsi vincolanti le indicazioni provenienti in proposito dalla nostra Corte Costituzionale e dagli organismi internazionali. In forza di queste indicazioni, va affermato con grande chiarezza, che, in Italia e altrove, è illegittimo effettuare sgomberi forzati di insediamenti abusivi in assenza di alternative residenziali.
Dal campo nomadi, luogo di segregazione, si dovrebbe passare ad offrire una gamma differenziata di possibilità abitative-insediative, così come già avvenuto in altre città.
Il Comune di Bologna per esempio, ha chiuso e superato i campi nomadi collocando in affitto sul mercato privato circa 53 famiglie (240 persone), attraverso una formula di affitto 4+4 anni da parte del Comune con i privati e sub affitto del Comune ai Rom, al 50% del costo del mercato, con l’obiettivo di arrivare al 100% in 8 anni: questa formula, comprensiva anche di un servizio educativo di mediazione e accompagnamento sociale ha permesso di ridurre di un quarto la spesa prima impegnata per la gestione e manutenzione del campo.
Anche il caso di Bergamo, su numeri ancora più significativi (circa 400 persone) merita di essere considerato attentamente.
L’esperienza padovana con i sinti, ormai giunta a conclusione, mostra costi molto contenuti per autocostruzioni in muratura, circa 60.000 euro ad appartamento (compreso il costo dei suoli) dentro edifici pensati per nuclei familiari allargati, ciascuno di 4 appartamenti.
Sperimentazioni con case in legno a due piani (72 mq) realizzate con i Rom a Roma presentano costi ancora minori, circa 8.000 euro per la struttura e non più di 12.000 euro aggiuntivi per gli allacciamenti, con un costo complessivo minore di quello di un container attrezzato.
Si pensi al caso delle micro aree per gruppi familiari estesi, realizzate a Guastalla, in provincia di Mantova con costi non superiori ai 14.000 euro per nucleo familiare, o anche al caso delle “Aree residenziali di comunità” di recente istituzione dalla legge provinciale 43/2009 della Provincia autonoma di Trento.
Venezia è riuscita a sistemare circa 1.000 Rom provenienti dalla ex Yugoslavia alla fine degli anni 90 attraverso la strumento dell’affitto di cascine in disuso di proprietà pubblica, con una pluralità di contratti di locazione possibile (dall’enfiteusi al comodato, passando dall’affitto ordinario compensato da ristrutturazioni).
Come nel caso delle politiche abitative, anche per l’inserimento lavorativo non si possono generalizzare le esigenze e le competenze di uno specifico gruppo. Molti Rom provenienti dall’Est Europa lavorano abitualmente nell’edilizia e per altri sarebbe possibile favorire l’accesso a una occupazione regolare in questo campo mettendoli in contatto con le agenzie per il lavoro già presenti, ma poco permeabili alle richieste dei Rom, per cui diviene importante favorire attivamente, con interventi ad hoc, l’accesso a questi servizi.
Molti Rom cittadini italiani hanno sviluppato nel tempo discrete attitudini imprenditoriali, realizzando piccole attività artigianali e imprese familiari di servizio. In alcuni casi è necessario un supporto per esempio di marketing attraverso un intervento di mediazione che faciliti i contatti, non scontati, con le risorse messe a disposizione dalla categorie professionali e della Camera di Commercio, nonché dagli enti di consulenza aziendale e formazione professionale. Si sa che nei confronti dei Rom pesano stereotipi negativi molto rilevanti e risulta assai utile quindi una mediazione.
L’esperienza delle varie Associazioni, così come le indicazioni delle valutazioni sistematiche effettuate dall’OCSE monitorando diverse città europee, sottolineano l’importanza cruciale della partecipazione dei Rom e dei Sinti nella formulazione dei progetti che li riguardano. La loro partecipazione come individui, ovviamente, ma anche come gruppi. La partecipazione dei destinatari non è un di più, o un riferimento ideale, ma un requisito appropriato e necessario, una conditio sine qua non.
Nota
Il Tavolo Rom di Milano è formato da: ACLI, ARCI, Associazione Nocetum Onlus, Associazione Opera Nomadi Milano, Aven Amenza, Caritas Ambrosiana, Casa della Carità, CGIL Milano, Comunità di Sant’Egidio, Federazione Rom e Sinti di Milano, Gruppo Abele. NAGA, Padri Somaschi Milano, Upre Roma)