Mi sono letto l’accordo e, anche se mi sono un po’ perso in sigle e riferimenti che non ho gli strumenti per comprendere fino in fondo, credo di averne capito i contenuti. L’impatto è stato negativo per il fatto che, a parte gli investimenti che non sono poca cosa, la Fiat non ha nessun obbligo e le organizzazioni sindacali possono essere tutte, non solo la fiom, colpite nei loro assetti organizzativi qualora mettessero in discussione anche semplicemente parti dell’accordo. Cosa negativa, ma che non è la stessa cosa che dire che la Fiat vuole cacciare il sindacato dalla fabbrica.
Nelle varie commissioni paritetiche previste alla fine è sempre l’uomo Fiat o la Fiat che decide ed è impossibile ricorrere allo sciopero per fare valere i propri diritti perché questa sarebbe una violazione dell’accordo. C’è una seria ipoteca alla libertà di azione del sindacato nella fabbrica a meno di pensare che il sindacato debba essere la cassa di risonanza di ciò che decide la Fiat.
Fino qui si potrebbe dire fatti sindacali ,ma la stessa cosa vale anche per i lavoratori che con l’assunzione nella nuova società assumono il contratto come vincolante anche per loro. Lo schema di relazioni sindacali che ne esce è rigido,poco coinvolgente e precostituito, secondo me non in grado di mettere in campo tutte le risorse che ci sono in azienda. Non so se la gestione di questo accordo riuscirà a mitigare l’autoritarismo che serpeggia in esso.
Meno negativo mi sembra il discorso delle pause e delle nuove turnazioni, nel senso che le nuove linee,sempre più robotizzate e automatizzate consentono di in qualche modo di diminuire lo sforzo fisico e gli investimenti fatti e che si faranno richiedono un utilizzo degli impianti più esteso. Gli investimenti che sono parte integrante dell’accordo sono sicuramente un dato positivo che in qualche modo rilancia la presenza Fiat in Italia nello stesso momento in cui la Fiat raggiunge il 25 % in Crisler e dichiara di volere arrivare al 51% entro l’anno.
Questo accordo ha molte ombre e anche luci.
E’ evidente che esso è il frutto di un errore di tutti coloro che hanno giocato la partita. Sono scettico sulla capacità della Fiat di recuperare competitività in questo modo e sono propenso a credere che si sia trattato anche di un modo per non fare pensare l’opinione pubblica sui reali problemi che Fiat e Crisler hanno in termini di gamma e di forza commerciale. Io non faccio parte dei denigratori della Fiat, ma è certo che un problema di gamma e di aggressività commerciale esista. Il ministro Sacconi e il governo hanno svolto un ruolo di divisione del movimento esasperando le divisioni già esistenti.
Nei sindacati è emersa una impreparazione e una incapacità di affrontare problematiche nuove e una mancanza di elaborazione sui temi degli investimenti,della loro redditività,dell’organizzazione del lavoro,del salario legato alla produttività che ha fatto si che l’unica proposta presente sul tavolo fosse quella Fiat. Quando non c’è linea il sindacato si divide tra chi oppone resistenza e chi, pressato dal ricatto del posto di lavoro, accetta una linea non propria.
Il risultato è comunque quello di dare tutti una sensazione di sconfitta ai lavoratori. Noi non possiamo lavorare come in Cina o in Polonia, ma non possiamo lavorare in modo diverso dalla Francia o dalla Germania e vogliamo gli stessi salari equivalenti, ecco perchè i temi posti sopra devono diventare la nuova frontiera sindacale. Resistere sui vecchi diritti acquisiti ritarda solo la sconfitta rendendola più pesante, ma non costruisce nessuna prospettiva per i lavoratori e li spinge al disimpegno sindacale e politico.
E non è colpa dei traditori se questo avviene, ma della linea politica che è sbagliata. Non pensiate che questo dibattito politico sia nuovo nel movimento sindacale e più complessivamente nella sinistra. Cominciò dopo la metà degli anni 70. In tutte le organizzazioni prevalsero i resistenti. Quante volte mi sono sentito dire, abbiamo già fatto sacrifici ora paghino gli altri e così facendo abbiamo contribuito ad indebolire progressivamente i lavoratori.
Nell’immediato c’e il referendum dei lavoratori di Mirafiori. Non mi sentirei di dire a quei lavoratori niente di diverso di quello che ho detto sopra, so che la loro sarà una scelta difficile per quello che è in gioco. Non voglio drammatizzare quello che potrà esser il risultato anzi penso che se vincerà il si tutte le organizzazioni dovranno firmare per costruire unitariamente una gestione più positiva di quanto sia l’accordo stesso.
Poiché l’accordo mette in discussione le organizzazioni sindacali in fabbrica credo non sarebbe male, dopo gli incontri con le organizzazioni sindacali e io aggiungerei se possibile la confindustria, preparare un progetto di legge sulla rappresentanza sindacale.
Un’ultima questione: la vicenda Fiat viene utilizzata alla nostra sinistra e all’interno del nostro Partito per costringerlo ad uno spostamento pro Fiom della linea politica, naturalmente mettendo sotto accusa il gruppo dirigente per non averlo già fatto. Io credo che la nostra posizione sia equilibrata e che vada tenuta e sviluppata secondo le esigenze che si porranno. Sappiate però che lo spostamento che ci viene sollecitato da costoro non è a sinistra, ma è semplicemente di natura radicale e di resistenza rispetto ai diritti esistenti e in qualche modo fa capo a Vendola e a SEL. Personalmente non affiderei mai l’immagine di una coalizione ad una persona che ha questa impostazione culturale. Naturalmente dialogherei discuterei dei programmi perché non ho preclusione alcuna, ma vorrei fare emergere anche la nostra vocazione maggioritaria.
Una postilla : questo dibattito come tanti altri che si svilupperanno sarebbe bene non avvenisse per articoli di giornale,ma sulla base di quello che ciascuno di noi pensa se possibile senza personalizzare eccessivamente e con toni che favoriscano il confronto. Se uno sostiene la posizione fiom per me può sbagliare ma non lo accuso per questo di essere vetero comunista, che per me era gia un’offesa nel 1966 ( l’equivalente del paulotto affibbiato a certi cattolici più o meno nello stesso periodo) perché a quel punto si passa dal dibattito alle etichettature e questo non aiuta così; come penso che essere a favore dell’accordo non sia stare dalla parte di Marchionne, ma avere una visone diversa su un argomento importante. Stare assieme significa anche imparare a litigare senza schematismi vecchi o nuovi che siano e senza caricare il litigio di argomenti che non attengono al merito delle questioni.