Il testo diffuso nei giorni scorsi sulla sentenza delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione sulla commercializzazione di alcuni prodotti derivati dalla cannabis light è riuscita a rendere la situazione ancora più confusa.
Come riporta il sito di Democratica: “In primis perché, anche nella sua interpretazione più restrittiva, la sentenza della Corte non parla in alcun modo di chiusura degli shop, ma si riferisce alla vendita di alcuni prodotti derivati (infiorescenze, olii, resine). Inoltre perché nel testo della sentenza si fa un riferimento ambiguo, vietando la commercializzazione dei derivati, “salvo che tali prodotti siano privi di efficacia drogante”. Sarà sull’interpretazione di questo assunto che si determinerà il futuro del settore. Per alcuni esperti si potrebbe trattare addirittura di una conferma della possibilità di vendere prodotti con Thc (sostanza psicoattiva) al di sotto dello 0,5%, così come già avviene oggi.
Di certo è incredibile la leggerezza con cui i vari Salvini, Meloni e Fontana esultano davanti al concreto rischio di mandare all’aria 10mila posti di lavoro, un giro d’affari di 150 milioni di euro e le speranze di oltre 3mila imprenditori. Uno dei pochi settori in crescita in un’Italia condannata alla recessione dal governo gialloverde”.
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