L'Istat diffonde dati inequivocabili sull'Italia: aumentano le tasse e diminuisce il reddito per le famiglie. Poche parole che esprimono concetti chiarissimi. Il cambiamento del “governo del cambiamento” significa maggiore povertà e minore potere d'acquisto.
Il potere d'acquisto, appunto. Tra luglio e settembre dello scorso anno l'aumento del reddito è stato “modesto”, scrive l'istituto di statistica, di appena lo 0,1%. Livello che però non è bastato a compensare l'effetto dell'inflazione. Ovvero: è calato il potere d'acquisto.
Un dato che ha fatto insorgere, tra i tanti, anche il Codacons, che ha parlato di “segnale pericoloso”, visto che tutto ciò ha effetti negativi sui consumi e sul Pil nazionale.
“Fino a che il potere d'acquisto peggiora e i redditi restano al palo, è chiaro che i consumi non potranno ripartire come servirebbe per rilanciare la crescita e si resterà agli zero virgola”, è il commento di Massimiliano Dona, presidente dell'Unione nazionale consumatori.
L'Istat ha rilevato come gli acquisti ancora non siano crollati. In quello stesso periodo in cui il potere d'acquisto calava, infatti, i consumatori hanno preferito erodere i risparmi piuttosto che svuotare le buste della spesa.
L'altra notizia negativa che emerge dai dati diffusi riguarda l'aumento della pressione fiscale che, secondo l'Istat, nel terzo trimestre del 2018 è risultata in aumento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. “Un quadro negativo – afferma il presidente del Codacons, Carlo Rienzi – che deve portare il governo a lavorare per introdurre misure in grado di aumentare realmente il potere d’acquisto dei cittadini e avere effetti positivi sui consumi”.
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