Oggi la percentuale di donne nei consigli di amministrazione e nei collegi sindacali è del 31%, nel 2012 era soltanto l’11%; questo cambiamento è stato possibile grazie all’introduzione della legge 120/2011 la Golfo-Mosca, che impone alle società quotate e a quelle a controllo pubblico di detenere almeno un terzo di quote rosa nei propri board.
Il risultato è degno di nota considerando che siamo passati dall’essere uno dei paesi più maschilisti al mondo ad essere il quarto paese per donne nell’amministrazione e controllo aziendale; avanti a noi abbiamo solamente Francia, Svezia e Norvegia.
Ma la vera sfida della legge, che porta il nome della nostra concittadina l’europarlamentare Alessia Mosca, è riuscire a cambiare la mentalità aziendale italiana. Se infatti oggi possiamo esultare per il risultato ottenuto dobbiamo riconoscere che nelle altre strutture aziendali la componente femminile fatica ancora ad affermarsi. Ciò avviene non solo in Italia, ma ovunque nel mondo.
La Golfo-Mosca ha per motivi di costituzionalità una durata limitata di dieci anni, questo aspetto però ha anche un lato positivo.
Se al termine dell’efficacia della legge, ossia oltre il 2022, le quote rosa all’interno dei CDA non saranno ridotte ma anzi, il loro permanere avrà condotto ad una riduzione del gender gap nelle imprese italiane più che all’estero, allora l’obiettivo della legge sarà pienamente raggiunto, perché avrà apportato un cambiamento culturale.
Il successo di questa legge è un esempio di come la Politica riacquista autorità quando è in grado di ridisegnare la società verso un orizzonte di bene comune.
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