Un Paese che non investe nei giovani scienziati è un Paese che svende il proprio futuro ( Ignazio Marino. PD )
Una situazione molto negativa
Almeno la notizia, poi smentita, della presunta bocciatura, nella seduta del 13 nov. al Senato dell’emendamento che prevedeva 80 milioni di € per la Ricerca, per l’assunzione di 4200 nuovi ricercatori, ha avuto il merito di portare in prima pagina la situazione tragica in cui si trova questo importante settore dell’attività scientifica. Finalmente l’opinione pubblica è stata mobilitata ( i mass media ne hanno parlato; due intere pagine sul “Corriere della Sera” del 14 u.s. ) Siamo all’1% del PIL. In classifica europea peggio di noi solo il Portogallo e la Grecia.
Sempre tagli alla Ricerca
Ogni volta che occorre reperire in fretta fondi si taglia alla Ricerca: l’anno scorso per accontentare gli autisti dei TIR (categoria importante ovviamente); un paio di anni fa per chiudere un buco dell’Alitalia. Per risolvere un problema nell’immediato si penalizza sempre il futuro, in linea con la politica miope di questo governo
Giovani penalizzati
In questo modo si penalizzano ancora una volta quelle centinaia, anzi migliaia di giovani che, ostinatamente, contro tutto e contro tutti, insistono nel voler operare nel campo della ricerca di base ed applicata.
Si tratta di giovani brillanti, che hanno concluso l’iter universitario, ed il dottorato di ricerca, con ottimi esiti. Infatti chi è arrivato con difficoltà a concludere gli studi, ben difficilmente è attirato da questa attività.
Retribuzioni modeste
E non è neanche l’aspetto finanziario che li muove. Anche quando raggiungeranno, se ci riusciranno mai, il traguardo dell’assunzione come ricercatori, avranno uno stipendio molto al di sotto di 2000 € al mese. Decisamente lontani dalle retribuzioni che l’industria privata paga per posizioni di pari concetto.
Non sono i “fannulloni” di Brunetta
E nemmeno possono esser fatti rientrare nella categoria brunettiana dei “fannulloni”. Conosco molti casi in cui questi giovani, esaurita una borsa di studio, hanno continuato a lavorare gratis per mesi, in attesa dell’ennesimo assegno di ricerca. E intanto invecchiano senza aver maturato una posizione contributiva, senza costruirsi una pensione per quando non saranno più in grado di sostenersi economicamente.
Falsi obiettivi del governo
Il governo, e per lui il ministro Gelmini, confondono le acque, accusando sempre i “baroni” universitari di gestire le cose in modo clientelare. Questo può anche essere vero, e staremo a vedere come intenderanno intervenire, ma ciò non ha nulla a che vedere con le migliaia di giovani ricercatori di cui sopra, che lavorano magari in enti al di fuori del ciclo universitario. Parlo del Consiglio Nazionale Ricerche, dell’ Istituto Nazionale di Fisica Nucleare che tanto contributo offre alle attività del CERN, centro di fama mondiale a Ginevra, e di altri.
Invito ad espatriare
Operando così il governo invita i nostri giovani migliori ad andare all’estero. Se fosse vista in ottica di scambio di esperienze; se altrettanto fossimo capaci di attirare giovani stranieri nelle nostre università ed istituti di ricerca, la cosa sarebbe positiva. Soprattutto se poi i nostri, ad esperienza fatta, potessero rientrare. In realtà, a poco giova incentivare il rientro in Italia dei pochi nostri che hanno raggiunto l’eccellenza. Intanto chi inizia a lavorare all’estero, difficilmente poi ritorna, dopo aver “assaggiato” la diversa accoglienza ed il diverso ambiente che trova. E poi è veramente una politica degna di questo nome, lo spendere per istruire queste risorse, e poi, quando sono in grado di produrre per il Paese, lasciarle scappare e regalare ad altri Paesi, il frutto del loro lavoro.?
Senza una base non emergono le eccellenze
La ricerca è fatta anche di tanto lavoro di equipe. Occorrono molte persone che si dedichino ad un progetto. Non tutti diventeranno dei premi Nobel, ma sono necessari perché senza una base robusta non si raggiungono risultati di rilievo. L’idea del ricercatore solitario che da solo fa la scoperta sensazionale, è roba da ottocento.
Ecco perché l’idea di far rientrare solo chi si è distinto all’estero è solo parziale e profondamente sbagliata. Occorre porre le condizioni perché i risultati maturino da noi. Nulla contro gli scambi e le collaborazioni internazionali, condizione indispensabile nell’attuale mondo scientifico, ma l’idea di essere solo formatori e fornitori di manodopera della ricerca, perché altrove dia frutti, è profondamente sbagliata ed antieconomica. Infatti quanto spendiamo per l’uso di brevetti, licenze maturate negli USA, in GB, in Francia piuttosto che in Germania? E non siamo capaci di bilanciare i conti con altrettanti brevetti ecc. maturati da noi, e da offrire al mercato internazionale, con interessanti introiti?
Ennio Muraro
Monza, 14/11/09
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