E’ di questi giorni la notizia - emersa da un’interessante indagine dell’Unione Artigiani delle Province di Milano e di Monza e Brianza e volta a verificare l’andamento delle imprese artigiane, piccole e piccolissime, presenti sul territorio, e in particolar modo in Brianza – secondo la quale in questo settore che, nonostante la crisi, sta addirittura aumentando i suoi numeri assoluti, un ruolo da vere protagoniste lo stanno giocando le imprenditrici donne extracomunitarie, specie comprese nella fascia di età fino ai 40 anni, che, nell’ultimo triennio, hanno deciso numerosissime di aprire nuove attività.
La lettura di questa notizia mi ha confermata in una convinzione da tempo maturata: ovvero che la prospettiva dalla quale, in Italia, ci stiamo assuefacendo a esaminare la complessa realtà del mondo è una prospettiva sempre più ridotta, inadeguata, asfittica, particolaristica, simile a quella di chi decide di osservare il cielo usando il telescopio dal rovescio.
E nemmeno la stampa più autorevole, o supposta tale, aiuta ormai a contrastare questa supponente pigrizia mentale che ci fa ritenere meritevole della prima pagina la starnuto del capogruppo parlamentare di turno e rifilare in trafiletti da microscopio notizie che, quelle sì, sono destinate a cambiare gli equilibri del mondo.
Ma basta leggere un giornale o un sito stranieri per rendersi conto, con disorientamento, di quante cose stiano cambiando e evolvendo “fuori da noi”, o anche “dentro”, e a che velocità, senza che noi italiani ce ne interessiamo minimamente. Prendiamo, ad esempio, la situazione politica del continente sudamericano. Realtà alla quale siamo abituati a guardare, quasi sempre, nella prospettiva dell’immigrazione dei loro cittadini in Italia, dei problemi sociali e di ordine pubblico che questa comporta; ma mai con un approccio rivolto a guardare che cosa le esperienze che lì stanno maturando possono suggerirci.
Mentre l’Italia e l’Europa litigano con lo spread, l’America Latina disegna i confini di una nuova economia mondiale e le protagoniste della rinascita economica di tre “colossi” come Brasile, Argentina e Cile sono, rispettivamente, Dilma Rousseff, Cristina Fernández de Kirchner, e Michelle Bachelet. Tre donne di sinistra, con politiche di sinistra e, lasciatemelo dire, curriculum, anche politico, da paura.
In Brianza si sta facendo strada una nuova piccola imprenditoria femminile con protagoniste le donne delle comunità straniere da tempo residenti nel nostro territorio: sono, a ben vedere, sia pure su diversa scala, le due facce virtuose di una stessa medaglia. Lo studio dell’Unione Artigiani di Monza e Milano rivela dati e tendenze certo non nuovi: già un’indagine di Confesercenti del novembre del 2012 aveva sottolineato come le aziende con titolari extra Ue – con un saldo positivo, tra chiusure e nuove aperture, nei primi 9 mesi del 2012, di circa 13.000 unità a livello nazionale - stavano riuscendo a reggere meglio la crisi, soprattutto in realtà come la Lombardia, la Toscana e l’Emilia Romagna e, soprattutto, nel comparto commercio, specie quello ambulante. In generale, dai dati delle indagini, si vede che, nell'ampio spettro di attività racchiuse nel termine 'commercio', gli stranieri extracomunitari – e soprattutto le donne - si sono concentrati, con un’innegabile dose di pragmatismo, nelle forme di impresa più semplici ove oneri amministrativi e burocratici in capo al piccolo imprenditore sono minori. Certo non sono mancate in passato, va detto, nemmeno a livello parlamentare, posizioni di “sospetto” rispetto all’andamento di questi dati: interrogazioni rivolte al Ministero dell’Economia al fine di verificare la provenienza dei soldi investiti in queste nuove attività delle comunità straniere e il rispetto delle normative sull’antiriciclaggio.
Tuttavia è l’esperienza quotidiana che si fa vivendo sul nostro territorio ogni giorno a farci toccare con mano il progressivo livello di integrazione che sta producendo questo fenomeno di crescente piccola imprenditoria femminile declinata in lingue diverse dall’italiano. Facendo il verso al titolo di un famoso romanzo si può ben dire: Piccole “imprese” donne crescono
In dieci anni il peso delle imprese con titolare straniero, sul totale delle imprese italiane, e' passato dal 2% a quasi il 9%, lo stock delle attivita' si e' piu' che quintuplicato a dispetto di una contrazione tendenziale generale del 3%. A rilevarlo e' la Confesercenti sottolineando che nel 2012 gli imprenditori immigrati sono circa 300mila, piu' 120mila soci stranieri.
Il Commercio rimane il settore dell'integrazione visto che il 44% del totale degli imprenditori immigrati ha un'attivita' commerciale. Tra questi, sei su dieci sono ambulanti, tre con sede fissa.
In particolare, stando alla rilevazione di Confesercenti, nel II trimestre 2012 le imprese individuali con titolare immigrato sono circa 300 mila, rispetto allo stesso periodo dell'anno passato aumentano di 18 mila, con una variazione tendenziale del +6,6% e una crescita del loro peso sul totale delle imprese individuali di piu' di mezzo punto percentuale. Oltre le imprese individuali si contano anche circa 120 mila soci stranieri di societa' di persone. Le imprese gestite da stranieri producono circa il 5,7% della intera ricchezza del nostro paese.
Mettendo a confronto il II trimestre 2011 e 2012, tassi di crescita sostenuti delle imprese immigrate, prosegue Confesercenti, si hanno in tutte le ripartizioni geografiche contrariamente a quanto avviane per imprese individuali in generale. Piu' del 57 per cento delle imprese si concentra in cinque regioni: il 18,6% in Lombardia, il 10,5% in Toscana, il 9,7 circa in Emilia Romagna e Lazio e l'8,6 in Veneto.
Gli imprenditori e i lavoratori immigrati non sono coinvolti in maniera uniforme nelle diverse aree geografiche. Nel Nord si concentrano gli autonomi attivi nell'artigianato e i lavoratori dipendenti dalle imprese, in particolare nel comparto metalmeccanico, nel Centro il settore domestico, quello dell'edilizia e il comparto tessile e abbigliamento sono i piu' 'internazionali', al Sud, almeno in termini relativi, commercio e lavoro agricolo sono i settori di riferimento per i migranti.
Scendendo piu' nel dettaglio del peso delle imprese immigrate sul totale delle imprese per provincia, Confesercenti segnala in testa Prato dove il 37% delle imprese individuali sono straniere, seguita da Milano (il 19%), Firenze (il 17%), Reggio Emilia e Trieste. Il 16% degli imprenditori stranieri si concentra a Roma e Milano. Il 44% delle imprese individuali straniere svolge attivita' di commercio, un altro 26% e' nel settore delle costruzioni e un 10% nella manifattura.
L'80% delle ditte, continua ancora la rilevazione di Confesercenti, si concentra quindi in soli 3 comparti, dove anche la crescita malgrado la crisi e' stata sostenuta. Un +7,3% per le imprese del commercio, + 3% per le imprese edili, e +3,6% per la manifattura (in generale le imprese individuali negli stessi comparti registrano variazioni negative rispettivamente del -0.5%, -1.3% e -2.2%). Da evidenziare anche il comparto dei pubblici esercizi dove le imprese con titolare immigrato crescono di 8.667 unita' in un anno, pari a un 11% in piu'.
Con oltre 98 mila attivita', il serbatoio principale dell'imprenditoria immigrata e' l'Africa; il Marocco si pone in testa alla classifica con 57 mila imprese (cresciute in un anno del 7%) a grande distanza seguono il Senegal (15.851), l'Egitto (1.3023) e la Tunisia (12.348). Gli imprenditori marocchini e senegalesi sono particolarmente dediti all'attivita' di vendita al dettaglio, gli egiziani alla somministrazione di alimenti e i tunisini nel comparto edile.
I Cinesi si collocano al secondo posto per numero di attivita' (41.623 e una crescita del 6% tra gennaio-giugno 2011- 2012) prediligendo il comparto della ristorazione e dell'abbigliamento. Al terzo posto le oltre 30 mila imprese albanesi principalmente attive nell'edilizia. Anche la Romania, ha numeri importanti conta infatti oltre 43 mila imprese (di cui oltre il 70% impegnate nell'edilizia). Dalla ripartizione delle collettivita' per settori emerge un'imprenditorialita' fortemente concentrata in specifici ambiti produttivi e un meccanismo di specializzazione etnica.
Il commercio si dimostra uno dei settori di maggiore attrazione per l'imprenditore immigrato. La scelta imprenditoriale, spiega Confesercenti, racchiude in se due aspetti: assicura la stabilita' dell'occupazione anche in periodi di crisi offrendo garanzia alla regolarita' del soggiorno e si fa espressione della volonta' di riscatto da ruoli subalterni.
Scendendo nel dettaglio dei vari comparti del commercio e' possibile notare altre specificita': prima di tutto, quasi il 61% delle imprese straniere svolge attivita' di commercio ambulate, il 30,5% di commercio in sede fissa e un restante 8,6% di commercio al di fuori di banchi e negozi.
Nel commercio in sede fissa l'11% delle imprese con titolare straniero e' costituito da esercizi alimentari specializzati, tra questi a pesare di piu' sono i negozi di frutta e verdura (33,5%), di carne e prodotti a base di carne (36%) e di altri alimenti (9,1%). Un altro 65% e' dato dai negozi specializzati non alimentari, gli imprenditori stranieri si occupano soprattutto della vendita al dettaglio di abbigliamento e prodotti tessili (circa 11 mila imprese) con una incidenza sul totale nazionale dell'8%.
Infine il restante 23%, oltre 8 mila imprese, del commercio in sede fissa sono non specializzate. In generale le imprese straniere nel commercio in sede fissa, rileva ancora Confesercenti, incidono per il 5,2% sul totale delle imprese, sopra la media i negozi di frutta e verdura (7,6%) e abbigliamento (8%). Nel commercio al dettaglio ambulante si contano oltre 73 mila imprese straniere; con un'incidenza sul totale degli ambulanti del 42%.
Questa percentuale, continua l'associazione delle imprese in Italia, sale al 53,5% per abbigliamento, calzature e tessile e al 49% per prodotti diversi dall'alimentare e dall'abbigliamento, ancora bassa la presenza straniera sui banchi di generi alimentari. Infine, le imprese straniere al di fuori di fuori di banchi e negozi rappresentano il 32,6% del totale del sotto-comparto. In questo caso probabilmente si esce dagli schemi descritti fin qui dato che le principali attivita' sono la vendita a domicilio e quella via internet.
Boom delle aziende in Italia gestite da titolari extra Ue. Integrazione virtuosa o inadeguatezza normativa?
Comunicati Stampa Invia un commento Stamane ho rivolto un’interrogazione al Ministro dell’Economia e delle Finanze riguardo quanto spesso evidenziano le cronache finanziarie in merito alla spregiudicatezza e manipolazione delle istituzioni pubbliche e finanziarie a fini di corruzione e riciclaggio. Parliamo di reati di particolare pericolosità sociale: non solo perché determinano distorsioni nell’economia legale, alterando la parità concorrenziale e l’efficacia dei controlli pubblici, ma, specie in periodi di crisi come quello attuale, perché possono giungere a incrinare la stessa fiducia dei cittadini nei valori democratici.
Da tempo la Corte dei Conti denuncia il rischio di assuefazione alla corruzione.
Basti pensare che nei primi nove mesi del 2012, secondo un recente studio di Confesercenti, le imprese individuali con titolari extra Ue sono crescite di 13 mila unità, mentre tutte le altre hanno fatto registrare un calo di 24.500 unità.
Le imprese gestite da stranieri sono arrivate e produrre il 5,7% della intera ricchezza del nostro paese. Lo studio, ci dice che in dieci anni il peso sul totale delle imprese, con titolari extra Ue, è passato dal 2% a quasi il 9%.
Nel solo II trimestre 2012 le imprese individuali con titolare immigrato sono state valutate in circa 300 mila unità alle quali bisogna aggiungere i circa 120 mila soci stranieri.
- se il Ministro dell’Economia e delle Finanze ritiene adeguate le disposizioni previste e le modalità attivate dagli Istituti di credito riguardanti l’adeguata verifica della clientela ai sensi della disciplina antiriciclaggio viste rilevanti dimensioni del fenomeno recentemente riscontrato in Italia di imprese individuali con titolari extra Ue e quindi sconosciuti.
- se per questa fattispecie di soggetti è effettivamente possibile accertare lo scopo e la natura dei rapporti e delle operazioni fatte.
- se ritiene utile prevedere ulteriori controlli anche da parte degli Uffici competenti e dall’Agenzia delle Entrate all’atto dell’apertura della partita iva.
Questo il link dell’interrogazione del Dicembre 2012 della senatrice radicale Poterri, eletta nelle liste del PD
http://blog.donatellaporetti.it/?p=3179
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