“Ho voluto cominciare da Monza, e dal Circolo Cattaneo, che ho spesso frequentato, perché qui sono nato e cresciuto e qui, da giovane studente, ho cominciato a occuparmi di politica”.
E’ così che lunedì 14 ottobre, in una Sala Villa gremita di iscritti e di simpatizzanti del PD, Pippo Civati ha dato ufficialmente inizio alla sua corsa per la segreteria nazionale del Partito Democratico.
E l’importanza del rapporto con i Circoli territoriali del partito è stato il filo conduttore di un intervento a tutto campo che, sollecitato anche dalle domande dei presenti, ha spaziato dalle valutazioni sul governo delle larghe intese, alla necessità di ripensare a un sistema fiscale più equo, all’idea di nuovo modello di Europa politica e sociale, alla difficoltà del rapporto con i parlamentari di un M5S leaderistico ma senza dimenticare temi scottanti quali il destino della legge Bossi-Fini, la manovra correttiva per il rispetto del patto di stabilità e l’ascesa in Francia della destra xenofoba ed antieuropeista di Marine Le Pen.
Sul governo delle larghe intese Civati ha ripercorso le tappe, anche drammatiche, che hanno portato alla costituzione del governo Letta sottolineando, ancora una volta, il nodo irrisolto dei 101 franchi tiratori che, affossando in Parlamento la candidatura di Prodi alla Presidenza della Repubblica, hanno di fatto aperto la strada ad una alleanza di governo imprevista e innaturale. “Nessuno di questi 101 ha mai rivendicato a viso aperto una scelta che, purtroppo, si è rivelata vincente per coloro che l’hanno concepita” ha sottolineato Civati “ed è proprio per questo che il Congresso dovrà sgombrare il campo da equivoci ed ambiguità ed indicare con chiarezza quale deve essere la posizione del Pd anche in ordine all’orizzonte temporale e alla funzione del governo delle larghe intese che, a ben vedere, sono cominciate col governo Monti”.
Sul punto la posizione di Civati è, non da oggi, molto chiara: “Che si faccia con urgenza una nuova legge elettorale e si restituisca ai cittadini il compito di scegliere chiaramente, votando per l’una o per l’altra delle forze politiche, il modello di stato e di sviluppo che vogliono”.
Secondo Civati la necessità di continui compromessi – uno su tutti la vicenda dell’IMU - con una forza politica come il PDL che, su temi importanti, sia economici che sociali, ha visioni del tutto opposte a quelle del PD, non può dare certo al Paese ciò di cui questo ha oggi maggiormente bisogno: una rotta chiara, e di medio lungo-termine, verso la quale dirigersi.
Proprio la mancanza di una linea politica chiara e coerente è stata, secondo Civati, uno dei motivi principali della disaffezione di tanti militanti e simpatizzanti nei confronti del PD, che, alle ultime elezioni, ha pagato un tributo salato, in termini di voti persi a vantaggio del M5S, soprattutto nell’elettorato più giovane. Ma, secondo Civati, esiste un secondo motivo, non meno importante, di disaffezione: “La nostra base non ha compreso né accettato che, su questioni dirimenti quali l’alleanza di governo col PDL o la politica sugli F35 – sulle quali in campagna elettorale erano state espresse posizioni precise – non si sia voluta ascoltare la voce dei Circoli. In Germania” ha precisato Civati “l’SPD si è sentito in dovere di interpellare i propri elettori sull’accordo di governo fatto con la Merkel che, di certo, non rientrava tra le ipotesi proposte in campagna elettorale”.
Civati ha voluto poi soffermarsi sul tema dell’Europa, insistendo sulla necessità di riconsiderare, in senso meno rigoristico, il patto di stabilità e ricordando in proposito la posizione di Jacques Delors, autorevole Presidente della Commissione Europea dal 1985 al 1995, economista e ministro socialista dell’economia, secondo il quale la spesa fatta per istruzione, ricerca ed innovazione dovrebbe essere scomputata dal meccanismo del patto di stabilità.
A un simpatizzante che gli chiedeva un motivo per scegliere il PD e Civati, il candidato monzese ha risposto: “Il PD è l’unico luogo politico nel quale si possono combattere le battaglie per l’eguaglianza e per le riforme che ho in mente io. Il PD che ho in mente è un partito che ritrovi, rinnovandone i contenuti, le radici da cui è nata l’esperienza dell’Ulivo; quella che abbiamo davanti è un’occasione unica per ricomporre alcune cocenti delusioni storiche, quella della sinistra sociale cattolica e quella del riformismo progressista. Quanto a me, io ho sempre avuto una concezione di partito con un forte radicamento nel territorio, che si alimenti della vitalità dei Circoli. Un partito, appunto, che parta dai Circoli e stia meno in televisione”. E quanto alla strategia con la quale pensa di poter battere gli altri candidati, Civati, augurandosi un confronto leale e sui contenuti, ha risposto: “Non posso svelare subito tutte le mie carte. Anche se” ha continuato con un sorriso “forse mi converrebbe arrivare secondo. Se ci pensiamo bene nel Pd a far carriera sono sempre i vice”.
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