Il CCR riparte questo autunno con una nuova serie di conferenze che si riallacciano come filo
conduttore alla serie “Uomo dove vai?” iniziata due anni fa.
Il tema di quest’anno è la globalizzazione, fenomeno che (innescato negli anni ’70 con la visita di Nixon in Cina e via via cresciuto con improvvise accelerazioni, come ad esempio nel 1989) è diventato il contesto di riferimento non solo per gli operatori economici e finanziari di ogni tipo ma anche per la vita delle comunità e dei singoli.
Nata per motivazioni economiche, dicevo, come la ricerca di nuovi mercati di consumo e di nuove aree per una produzione più competitiva, la globalizzazione, come ogni “novità” ha portato problemi ed opportunità. Nella situazione che si è creata, progrediscono coloro (singoli, gruppi, nazioni) che sanno cogliere le opportunità e risolvono o bypassano i problemi.
Nella presentazione della serie di conferenze in occasione della prima serata, mercoledì 2, Sergio Premoli, che coordina gli incontri, ha raggruppato i problemi in tre grandi filoni,sociologico, filosofico, economico.” E’ indubbio che la società contemporanea stia mostrando ovunque preoccupanti segni di crisi di fronte a cui manca tuttora un progetto, per quanto possibile socialmente condiviso, che tenti di superare le forti contrapposizioni in campo”.
(Premoli non ha potuto fare a meno di commentare la novità sconvolgente di questo nuovo Papa che dialoga da pari a pari con i laici. E’ di pochi giorni fa il dialogo Papa Francesco – Scalfari e lo scambio di corrispondenza tra Ratzinger e Odifreddi. Si compiace, come promotore di dibattiti e scambi di idee con spirito “laico” che il metodo venga introdotto anche per i temi religiosi.)
Il relatore della serata, Giancarlo Bosetti, giornalista e direttore di Reset, ha paragonato il periodo di certezze che abbiamo vissuto dal dopoguerra per una quarantina d’anni, con il periodo di cambiamento con drammatiche accelerazioni che stiamo vivendo. Nessuno poteva pensare vent’anni fa che le compagnie low cost potessero mettere in crisi i vettori nazionali, che le fabbriche tessili (solo un esempio) del terzo mondo potessero far chiudere le nostre, che gli sviluppi dell’information technology potessero cambiare così le nostre abitudini quotidiane. L’economia ha scandito le fasi della globalizzazione e la politica è andata al traino e poiché l’economia si muove su dimensioni globali la politica tradizionale, nazionale, non è stata e non è in grado di governarla. Questa vale per l’Italia ma anche per gli Stati Uniti! Forse hanno maggior potere i grandi organismi finanziari internazionali come il FMI o la BCE, comunque indipendenti dai governi. E questo rende più difficile affrontare i grandi problemi sociali. (insomma era meglio quando si stava peggio, cioè quando il mondo era diviso in due blocchi contrapposti!). Che sono la disoccupazione, il lavoro precario, il futuro incerto, le grandi disuguaglianze nelle condizioni di vita dei popoli. E le conseguenze delle migrazioni tra nazioni e continenti. La globalizzazione ha infatti messo in moto, anche come conseguenza della maggiore diffusione di informazioni, singoli, gruppi, popoli interi alla ricerca di un posto di lavoro migliore o un lavoro comunque o semplicemente per conseguire condizioni meno precarie di vita. La conseguente convivenza tra nazionalità od etnie diverse, con costumi e religione diverse, ha creato inevitabilmente dei problemi. Se ne esce accettando il principio della multiculturalità: è qui che i governi e le istituzioni nazionali e sovranazionali possono fare molto. Anche la religione deve avere un suo ruolo, mettendo in evidenza valori comuni (es. la famiglia), che sono poi il fondamento della società civile.
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