E’ il titolo dell’ultima conferenza della serie “Le primavere di Monza” organizzate da Il Cittadino, che ha avuto come relatori Michele Brambilla, vicedirettore de La Stampa nonché monzese doc, e Nando Pagnoncelli, Presidente e amministratore delegato di Ipsos, società che si occupa di ricerche sulla pubblica opinione (“i famigerati sondaggi!”) e per questo ben noto al pubblico televisivo. Moderatore come al solito G. Bardaglio, direttore de Il Cittadino.
Quest’ultimo introduce la serata chiarendo che si intende parlare di crisi a largo raggio, comprendendo cioè l’economia, la politica e la società. E allora Pagnoncelli ne traccia i lineamenti, per quanto risultano dal suo osservatorio privilegiato.
L’Italia sta attraversando la più grave crisi dal dopoguerra, ma, insieme ad elementi preoccupanti sono presenti elementi di speranza.
Economia. Il PIL è in costante calo e anche le prospettive a breve non fanno intravvedere un’inversione di tendenza:
Ultimamente si sono considerati anche altri indicatori, come ad esempio la qualità della vita, per rappresentare lo stato di benessere di una nazione, e questi ultimi per fortuna sono più confortanti. La produzione industriale è in costante calo, ma non in modo tale da compromettere la nostra posizione nel mondo (siamo secondi in Europa e settimi su scala mondiale).
La vera piaga è la disoccupazione giovanile e particolarmente significativo è il numero dei cosiddetti Né-Né, giovani che non studiano, non lavorano e non cercano lavoro.
A livello nazionale sono il 22% dei giovani tra i 16 e i 27 anni, e nel Sud raggiungono il 40%.
L’Italia soffre anche di problemi demografici: la crisi delle nascite e il contemporaneo aumento della durata della vita media porta al rovesciamento della piramide virtuosa: stiamo andando nella direzione di una società con più anziani che giovani, con le inevitabili conseguenze: vita lavorativa che si allunga, costi sempre più alti per l’assistenza e la previdenza. Dal 2007 la popolazione “italiana” diminuisce e i “vuoti” vengono riempiti dagli immigrati.
Un aspetto positivo è costituito dal risparmio delle famiglie italiane (un vero volano per superare le asprezze della crisi) e dalla capacità di adattamento degli italiani a situazioni più disagevoli. Ma la società italiana nel suo complesso, dicono le ricerche demoscopiche, è caratterizzata da mancanza di senso di appartenenza (se non quella ristretta alla famiglia o al gruppo di interessi comuni), individualismo, mancanza di coesione sociale, sfiducia nelle istituzioni di rappresentanza (nei partiti in primis, come conferma la costante crescita dell’astensione). Come conseguenza un ripiegamento in sé stessi.
Insomma, un quadro con poche luci e tante ombre. Ci ha pensato Brambilla a riportare un po’ di ottimismo. Innanzitutto ha fatto autocritica come rappresentante della stampa, che enfatizza vicende e problemi contribuendo ad aggravare la crisi.
Può testimoniarlo perché per il suo mestiere gira costantemente l’Italia. Recentemente è stato in Emilia Romagna nelle aree interessate dal recente terremoto ed ha riscontrato che tutte le aziende danneggiate sono ripartite. Così nel Veneto, accanto a casi di aziende obiettivamente in crisi, la grande maggioranza opera in piena attività.
Brambilla ha anche criticato le esternazioni di responsabili istituzionali, come quella di Squinzi, presidente di Confindustria, secondo cui “l’Italia è sull’orlo del baratro”, affermazione subito ripresa dalla stampa nella sua azione di terrorismo mediatico. Certo non alimentano un clima di fiducia. Anche sulla disoccupazione giovanile Brambilla ha qualcosa da dire: ci sono opportunità che non vengono colte magari solo per problemi linguistici, ci vorrebbe più iniziativa.
Ancora sulla società italiana e la sua identità (Pagnoncelli).
Il nostro è il Paese dai 1000 campanili, è risaputo, e ciascuno coltiva il suo particolare. Ma siamo anche un paese ad alta partecipazione ad attività di volontariato, così come siamo generosi in donazioni alle ONLUS. Queste contraddizioni si verificano anche a livello personale (l’operaio del Nord iscritto alla CGIL, vota Lega e va a messa la domenica).
Nel mondo delle imprese FARE SISTEMA è diventato un luogo comune, gli imprenditori sono convinti che dovrebbero cercare sinergie con i colleghi, ma non lo fanno. Da una indagine presso manager stranieri è risultato che questi hanno un’immagine dell’Italia migliore di quella che ne hanno gli italiani. Per loro l’italiano non ha rivali nel problem solving mentre è carente nella programmazione. E si confermano i problemi che ostacolano gli investimenti in Italia: corruzione, burocrazia, giustizia (tempi biblici).
Anche Brambilla ha voluto stigmatizzare certi vizi nazionali. Ancora sulla stampa: individuato un tema “sensibile” se ne fa un tormentone. Cita i casi dei femminicidi e dei suicidi di imprenditori per dire che non è vero che siano aumentati di numero negli ultimi tempi, anche se i giornali danno questa impressione. E poi invita il pubblico a comparare la situazione di oggi con quella di cinquant’anni fa, al tempo delle mondine e della civiltà contadina: ce ne vuole prima di parlare di declino.
Infine, sulla situazione politica. Veniamo da di 20 anni contrapposizione destra-sinistra che ha ingessato il Paese, facendolo vivere in una campagna elettorale permanente.
La spregiudicata ricerca del consenso unita alla aggressività nei confronti dell’avversario-nemico (vedi dibattiti televisivi) ha portato ad una divaricazione tra società e politica, molto preoccupante. Il risultato è l’aumento dell’astensione o il voto di protesta. E ora la politica cerca riparo offrendo in pasto all’opinione pubblica la riduzione del finanziamento pubblico ai partiti: molto pericoloso per la democrazia. Per Brambilla il conflitto non è tanto tra politica e antipolitica ma tra politica disponibile a collaborare al di à degli schieramenti e “falchi” di ogni orientamento.
Insomma, come se ne esce? Non ci sono ricette.
La “rinascita” deve partire da ciascuno di noi. Come diceva Enzo Bianchi, dobbiamo essere portatori di fiducia e speranza.
Report