Il mio principale impegno in questi primi mesi di esperienza amministrativa, è stato dedicato alla riapertura di un dialogo e di un confronto con i soggetti del territorio, perché si possa davvero passare dal welfare state al welfare community.
Primi mesi utilizzati per riallacciare contatti e ricreare occasioni di confronto che erano stati trascurati, se non abbandonati del tutto, come per il piano di zona negli ultimi cinque anni.
Stiamo cercando di ricreare reti che non abbiano al centro l’Ente Locale in modo autoreferenziale e discrezionale, ma che orientino l’uso delle risorse e la gestione dei sevizi, ripartendo dalle persone e dalle famiglie.
Anche le istituzioni e il terzo settore lamentano un vuoto di interlocuzione che si era creato e che va colmato. Riallacciare contatti significa avviare anche una rivisitazione partecipata della programmazione partecipata del piano di zona, che sia frutto di un confronto e di una condivisione insiti già nel processo di ricerca e di individuazione di strumenti efficaci, davvero volti a dare una immagine reale e organica di un territorio complesso come quello della città di Monza.
Tali strumenti devono evitare il rischio di ridondanze, sovrapposizioni, sprechi di tempo e di risorse. Dovranno quindi strutturarsi in maniera costruttiva, con obiettivi precisi e condivisi, fondandosi su motivazioni sostenibili nel tempo e su investimenti praticabili per tutti i soggetti coinvolti.
Occorrerà che anche il Terzo settore rinforzi la propria rappresentanza e trovi il modo per dare piena legittimazione e titolarità ai soggetti che, coinvolti nella partecipazione, dovranno essere riconosciuti anche dai piccoli gruppi e dalle associazioni meno strutturate, ma non per questo meno significative per l’impatto sul territorio.
Occorrerà forse anche rinunciare all’idea che gli unici ambiti e occasioni di confronto siano gli “organismi della programmazione partecipata”, con uno sforzo di creatività e di interlocuzione. D’altro canto l’Ente locale dovrà interloquire con le realtà istituzionali e del Privato sociale operativamente più presenti, chiedendo di attivare le loro risorse anche in un’ottica progettuale condivisa e soprattutto orientata da una governance pubblica esplicitata trasparente.
Si tratta di una sfida da rilanciare, convinti che la crisi debba condurre ad una ricomposizione delle idee, delle forze e delle risorse in campo, affinchè ogni apporto venga valorizzato e sia volto a creare una rete territoriale di protezione delle fragilità che, nel sostenere le persone e le famiglie, non le soffochi e non le collochi in una posizione di dipendenza assistenziale.
Un esempio: stiamo pensando di realizzare un tavolo di confronto tra le realtà, assai numerose, che sul territorio si occupano di aiuto alimentare e/o economico, affinchè non si sprechino risorse e si evitino sovrapposizioni su alcuni nuclei , a scapito di altri che a volte potrebbero non riuscire a intercettare la rete di aiuto.
Da qui, i contatti che abbiamo avuto ripetutamente in questi mesi con forze sindacali, Caritas, S.Vincenzo, CEntro Aiuto Vita, CRI, Lions, Agorà, con l’impegno di intercettare altri soggetti , che sappiamo impegnati in questo campo. Pur rispettando e valorizzando infatti la libera iniziativa di ognuno, intendiamo proporre uno sforzo di composizione degli interventi, che renda l’apporto di tutti più razionale ed efficace possibile, individuando insieme eventuali aree di bisogno scoperte e criticità complesse , da affrontare in modo integrato.
In estrema sintesi , queste sono le mie “parole chiave”:
Obiettivo: coesione sociale – Metodo:integrazione – Strumento: partecipazione
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