Sono andata spesso ad ascoltare Andrea Di Stefano, abbonata da anni di VALORI, ascoltatrice fedele del “Giorno delle locuste” di Radio Popolare, e tante volte mi ero chiesta: perché uno come lui non si candida? Credo infatti che sia una delle rare persone che parla con cognizione di causa di moltissimi argomenti, perché vive, studia, agisce nella società, portando idee, riflessioni, sfide, coraggio, pragmatismo, anticonformismo.
Lunedì sera al Circolo di Viale Libertà il Andrea Di Stefano ha fatto un intervento molto chiaro e molto stimolante, davanti ad un pubblico che voleva conoscerlo meglio e avere un’idea più precisa del suo programma. Peccato che la sala fosse troppo piccola per una partecipazione forse al di sopra delle attese.
Non parla di sogni né per slogan Di Stefano: ha già approfondito negli anni molti temi e si capisce che la sua visione di insieme non viene da un tuffo nella complessità, da qualche giornata di approfondimento su temi non propri, ma da un lavoro appassionato di tanti anni.
Un’altra Lombardia è possibile. E’ possibile una proposta di discontinuità totale: si tratta di avere un’idea della Lombardia del futuro, di non improntare le politiche allo sviluppo, ma ripensare al sistema economico, alla conversione economica, a togliere profitto alle rendite per sperimentare un’innovazione improntata alla sostenibilità ed alla solidarietà. L’ambiente non può essere considerato un vincolo, perché è una ricchezza che stiamo sperperando ed è necessario realizzare politiche pubbliche basate su una programmazione di ampio respiro, così come hanno già fatto tanti paesi europei. Al centro deve stare la persona, oggi più che mai con 2 milioni di persone che in Lombardia vivono sotto la soglia di povertà.
La maggiore discontinuità della sua proposta è sicuramente nell’ampio spazio ad un sistema pubblico che cura ciò che è comune, suolo, acqua, rifiuti, territorio, mobilità, salute, istruzione. Ho trovato molto interessante la riflessione sulla sussidiarietà. Il principio, introdotto nella Costituzione con la riforma del Titolo V, è stato in realtà travisato in Lombardia, dove la politica l’ha raccontato come sinonimo di privatizzazione. In realtà l’art 4 della Costituzione eraforse la miglior definizione della sussidiarietà: La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
E’ chiesto ad ognuno di fare la sua parte:per difendere la libertà, bisogna partecipare. E allora in questa direzione, sotto una regia pubblica volta al bene comune, il lavoro degli Enti si integra e si salda con il lavoro di associazioni e cooperative sociali, conle tantissime organizzazioni non profit che hanno come scopo sociale il perseguimento del benessere dei cittadini e non il profitto.
Tanti temono che le proposte di Di Stefano possano essere troppo “radicali” per la Lombardia. In realtà mi sembra che parlando di cose concrete, di una sanità che si vuole far funzionare meglio, risparmiando un po’ di risorse da destinare al welfare, di una Lombardia senza lavoro e con un crescente problema povertà, di una scuola pubblica eccellente ed accessibile, di parchi naturali e bellezze da valorizzare anche a fini turistici, si possa parlare anche ai tantissimi elettori che hanno creduto nel populismo della Lega e devono essere messi davanti al fatto che i disastri di oggi sono causati da anni di governo in cui il centrodestra ha scippato i loro consensi con il populismo, difendendo solo gli interessi di pochi.
Per una Lombardia sostenibile, economicamente equa e socialmente solidale!
Il programma su: http://www.perunaltralombardia.it/
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