Dopo l’articolo di settimana scorsa in occasione della scomparsa del Cardinal Martini, continuiamo la pubblicazione di articoli riguardo a temi sociali e culturali o personaggi che meritano una attenzione e una riflessione più ampia capace di andare oltre lo stretto operare nel Pd con l’obiettivo di “alzare” il livello qualitativo del confronto sulle idee. Lo faremo anche nel prossimo periodo e accoglieremo volentieri indicazioni e segnalazione dei nostri lettori al proposito (info@pdmonza.org).
In questo numero pubblichiamo un articolo-inserto di Adriano Sofri che ricorda un personaggio scomodo e profetico con Alex Langer una dei fondatori del movimento verde e pacifista a livello nazionale ed europeo.
Langer lasciò il “segno” anche a Monza nella relazione con l’allora lista verde promossa dal compianto Bruno Di Tommaso e la Sezione locale di Lega Ambiente ha dato il nome ad Alex per la sezione monzese.
“Provate sempre a riparare il mondo” Il senso di Langer per una rivoluzione mite
di Adriano Sofri
Quando mi arrovello attorno alla città di Taranto, mi viene in mente Alexander Langer. Quando penso alla deriva dell’Europa, agli uomini di Stato che avvertono: l’Italia non è la Grecia, e la Germania non è l’Italia, mi ricordo dell’esortazione: «Adottiamo l’Albania».
Quando guardo le notizie dalla Siria che rotolano disperatamente nei notiziari. E quando penso al destino della nostra generazione, mi viene in mente Alex.
Lui si è suicidato il 3 luglio del 1995, aveva 49 anni, si è impiccato a un albicocco, a Firenze.
A luglio l’albicocco ha i frutti.
Aveva scritto che i pesi erano diventati insostenibili per lui, non ce la faceva più. Che se ne andava più disperato che mai. «Non siate tristi, continuate in ciò che era giusto».
L’imperfetto era per lui, l’esortazione a continuare per chi rimaneva.
Ho desiderato tanto che i ragazzi di turno nella scoperta dello scandalo del mondo e del proposito di ripararlo, conoscessero Alex, quello che aveva pensato, detto e scritto, i suoi viaggi, la sua pazienza nelle riunioni, la sua tenacia nel rimettere insieme quello che si spezzava, nel ricucire quello che si strappava.
Non è successo che il viso intelligente, sorridente e malinconico di Alex venisse stampato sulle magliette dei ragazzi. Però i pensieri e l’esempio di Alex si scavano le loro vie tenaci nel gran rumore di niente.
Comincio dall’ultima raccolta di suoi scritti, in ordine di tempo, cui il curatore, Federico Faloppa, ha dato il titolo di Non per il potere,
Uscita a giugno scorso per Chiarelettere. La scelta è interessante proprio perché Faloppa, che è uno studioso nato nel 1972, non ha conosciuto Langer, e si propone di mostrare «un modo di riflettere, di agire, di vivere politicamente ».
La prima pagina della sua antologia si apre con le “Domande” trovate sul computer di Langer e datate al 4 marzo 1990, dunque rivolte a se stesso e a nessun altro. Per esempio: «Cambiare il mondo o salvaguardarlo?...
Solidarietà come autocompiacimento?...
Negare se stessi – credibile o pericoloso (disumano, burocratico, ipocrita)?...
Vivresti effettivamente come sostieni si dovrebbe vivere?...
Passeresti il tuo tempo con coloro ai quali rivolgi la tua solidarietà? ».
Il brano successivo traduce dal tedesco gli appunti per una conferenza tenuta da Alex nel 1991 su invito del vescovo di Bolzano, la sua città (era nato a Sterzing- Vipiteno), e comincia così: «È un tempo, questo, in cui non passa giorno senza che si getti qualche pietra sull’impegno pubblico, specie politico.
Troppa è la corruzione, la falsità, il trionfo dell’apparenza e della volgarità.
Troppo accreditati i finti rinnovamenti, moralismi abusivi, demagogia e semplicismo.
Troppo evidente la carica di eversione e deviazione che caratterizza mansioni che dovevano essere di estrema responsabilità. Troppo tracotanti si riaffacciano durezza sociale, logica del più forte, competizione selvaggia».
Langer fu tra i promotori del pensiero “verde” europeo. Faceva appello non a qualche “riconversione produttiva”, ma a una conversione ecologica.
E spiegava che «la conversione ecologica potrà affermarsi soltanto se apparirà socialmente desiderabile ». Pensava a Giona, il profeta “catastrofista” che «sembra quasi deluso che poi la catastrofe non si avveri, e se la prende con Dio…
Oggi, soprattutto in campo ambientale, è tutta una profezia di sventura; c’è a volte il rischio di essere catastrofisti e di terrorizzare la gente, la qual cosa non sempre aiuta a cambiare strada, ma può indurre a rassegnarcisi. Piuttosto bisogna indicare strade di conversione… la “conversione ecologica” è cosa molto concreta».
Aveva immaginato la sua personale e universale paralimpiade: «Sinora si è agito all’insegna del motto olimpico citius, altius, fortius (più veloce, più alto, più forte), che meglio di ogni altra sintesi rappresenta la quintessenza dello spirito della nostra ci-viltà, dove l’agonismo e la competizione non sono la nobilitazione sportiva di occasioni di festa, bensì la norma quotidiana e onnipervadente. Se non si radica una concezione alternativa, che potremmo forse sintetizzare, al contrario, in lentius, profundius, suavius (più lento, più profondo, più dolce), e se non si cerca in quella prospettiva il nuovo benessere, nessun singolo provvedimento, per quanto razionale, sarà al riparo dall’essere ostinatamente osteggiato, eluso o semplicemente disatteso».
Pensava che: «È un vero e proprio luogo comune truffaldino, quello che vorrebbe in contrasto immanente il movimento ecologico con quello operaio, o più in generale l’ecologia con il lavoro».
Potrei procedere a lungo, con questa antologia dell’antologia, per mostrare l’“attualità”, come si dice, dell’esperienza di Alex.
Non è strana, perché la conversione per cui si batteva deve misurarsi, senza maramaldeggiare, con qualche migliaio d’anni di storia umana, e correggerne duttilmente – e a volte, quando il disastro preme, chirurgicamente – la rotta.
E lo deve fare senza più illudersi che il tempo lavori per il progresso. D’altra parte, non c’è una “lezione” di Langer che sia separabile dalla sua pratica, un deposito libresco staccato dalla sua vita operosa. Si sbaglia quando si fa dei pensieri altrui un manuale di base dei propri, o all’opposto della vita altrui un modello da imitare. I pensieri e le persone si appartengono, e questo è tanto più vero per un militante come Langer, che non si è mai nascosto dietro l’autorità di un ruolo – fu fra i più autorevoli parlamentari europei – né dietro l’“oggettività” di una dottrina.
Nel 2007 Feltrinelli pubblicò la sua biografia scritta da Fabio Levi, In viaggio con Alex: vi si incontra un uomo intero, compresa la vocazione – la tentazione – a farsi carico di tutti, comprese le debolezze e le stanchezze. Lì si leggono i versi che Alex lasciò (in tedesco, Alex era di molte lingue) ai suoi collaboratori partendo per Gerusalemme nel dicembre del 1992: «In partenza per la Santa Terra si chiese: “Quale vestito? quali bagagli portare? e a che scopo? e quanto sostare al muro del pianto?e intanto i topi lasciati a se stessi troveranno da mangiare? e chi li acchiappa se alla sagra scappano? chi di tutto si occuperà?”...».
La raccolta più ricca di scritti di Langer uscì già nel 1996 per Sellerio, col titolo Il viaggiatore leggero( Scritti 1961-1995, pagg. 410), a cura del suo carissimo amico Edi Rabini e mia, ed è arrivata nel 2011 alla settima edizione con una nuova prefazione di Goffredo Fofi: «Se si dovesse chiudere in una formula ciò che Alex ci ha insegnato, essa non potrebbe che essere: piantare la carità nella politica ». Di questa raccolta è annunciata la pubblicazione in ebook.
Report