Racconta le vicende emblematiche dei due piccoli protagonisti: Murtaza, un afgano di sette anni incappato in una mina e Yagoub, un quindicenne sudanese che vive in un campo profughi, colpito da una grave malattia cardiaca. Entrambi, in modi diversi, sono vittime della guerra.
Il film è commovente e molto “faticoso”: non è una rappresentazione, ma la realtà delle carni straziate, non c’è retorica, ma solo la rappresentazione della guerra e della desolazione che ne segue e presenta anche la ricchezza dell’azione di Emergency nei due paesi, Sudan e Afghanistan, così martoriati da guerre che la gente non sente, non capisce, subisce solamente.
I volti dei bambini afgani e sudanesi sono di un’intensità tremenda. Nei loro occhi la paura, ma anche la voglia di giocare, il dolore e la sofferenza, ma anche il desiderio di farcela e di “tornare a casa”.
Di Emergency si coglie bene la missione, che non si limita agli aspetti sanitari. Partendo da un’azione mirata soprattutto alla chirurgia di guerra, alle vittime delle mine, l’intervento si è poi ampliato col progetto di costruire in Sudan un centro di cardiochirurgia all’avanguardia e gratuito, in paesi dove la sanità è un lusso per pochi. Ciò che distingue Emergency da tanti operatori è lo sforzo di unire all’aiuto concreto la diffusione di una cultura di pace, l’attenzione alla multiculturalità e alle diverse religioni, la valorizzazione della donna e del suo ruolo, lo sforzo di non schierarsi se non contro la guerra e per i diritti, dalla parte di chi è ferito.
La scena per me più commovente: Murtaza che mostra ad un altro piccolo mutilato arrivato dopo di lui il bellissimo giardino, ricco di piante e fiori colorati, dicendogli che quando si stufa va lì, così non si stufa più... Anche a Khartoum c’è un giardino, la bellezza fa parte della cura.
Per chi non lo sapesse, da aprile c’è un mensile “E” e, naturalmente, possiamo dare il nostro 5X1000 ad Emergency (c.f. 971 471 101 55)
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