“Vi invito a non avere paura del congresso. Ci farà bene. E il rinvio del congresso è improponibile. Lo statuto parla chiaro. Serve un congresso vero per aprire una fase nuova, il segretario eletto avrà più forza”. Così il segretario del Pd, Dario Franceschini, ha ribadito durante la relazione tenuta in direzione, l'importanza per il Pd di affrontare il congresso che scioglierà con una discussione politica i nodi del partito e sceglierà il nuovo leader.
E per il congresso nei due passaggi della Convenzione Nazionale dell’11 ottobre e delle primarie il 25 hanno votato i membri della Direzione, con 7 contrari. Durante la riunione Anna Finocchiaro e Sergio Chiamparino hanno manifestato le loro perplessità per questa scelta caldeggiando l'ipotesi di rinviare a dopo le regionali del 2010 il congresso. Pubblichiamo una sintesi dei vari interventi a partire da quello del segretario, tutti gli interventi inviati a redazione@partitodemocratico.it saranno pubblicati sul sito.
La relazione di Dario Franceschini. E’ cominciata con un’analisi del voto, che ha visto un arretramento del PD secondo “un vento comune in Europa favorevole alla destra”. Ma il PD è emerso come l’unica vera alternativa credibile che super ai ritardi accumulati in quindici anni in cui la destra si è presentata con una leadership, pochi messaggi chiari a fronte di un centrosinistra che ha affrontato divisioni, cambiamenti di alleanze e che troppe volte ha trovato dall’opposizione un collante solo nell’antiberlusconismo e che quando era maggioranza si è concentrato sul risanamento, in assenza di un messaggio univoco e chiaro e ora va ricostruita l’identità con parole chiare perché il PD c’è e sopravviverà anche a eventuali cambiamenti nelle leggi elettorali. Nella relazione Franceschini ha ribadito che la vocazione maggioritaria non sta a significare “andare da soli”, né un’alleanza può essere una costruzione con 15 componenti come l’Unione, un’alleanza è una costruzione per vincere e governare, senza escludere nessuna delle forze oggi all’opposizione. Uno dei punti chiave è l’analisi del voto regione per regione: le europee dimostrano che molte regioni sono contendibili, perché confrontando i voti di centrodestra e centrosinistra ed escludendo l’UDC la destra è avanti solo in cinque regioni su tredici: Campania, Lombardia, Piemonte, Puglia e Veneto. Ora c’è un grande partito il PD, che sarà baricentro dell’ alleanza, che indicherà programmi e uomini con molta più forza di quanto potevano fare DS e Margherita perché in grado di parlare agli elettori.
L’identità del PD. L’alternativa al centrodestra va costruita sui valori, se Barack Obama ha vinto è stato grazie alla sua proposta: una gerarchia alternativa a quella di Bush, non una serie di correzioni come i riformismi europei. È l’identità deve essere quella solidale in un momento di crisi, che eviti il tutti contro tutti, disponibili a confrontarsi sulle riforme strutturali con il governo, purché abbinate a interventi di emergenza per i più deboli. Poi ha voluto precisare dei passaggi del messaggio con cui si è candidato: “Voglio precisare perché non ci siano ambiguità: quando parlo di rinnovamento, penso di investire sulla forza straordinaria del nostro territorio: sindaci, amministratori, segretari provinciali e regionali, consiglieri comunali, presidenti di circolo e giovani parlamentari. Dobbiamo metterli nelle condizioni di crescere verso ruoli sempre più alti di
responsabilità nel partito nazionale, se i circoli vengono usati solo per fare i congressi non ci sarà mai il radicamento”.
Il declino della destra. Dopo un anno il consenso del governo si incrina, proprio nella fase che sempre invece fa raggiungere ai governi il massimo di popolarità, i loro elettori si astengono, comincia un inversione di tendenza che potrebbe favorire il PD, come dimostrano i dati di Milano città dove sono stati presi più voti del PDL.
È stato poi il turno di Paolo Fontanelli, responsabile Enti Locali che ha indicato alcuni spunti da trarre dalle ultime europee ed amministrative: “Cinque anni fa c’era un dato eccezionale a favore del centrosinistra negli enti locali, ora partivamo a da una stima di 20 amministrazioni perse e 14 in bilico, al secondo turno invece i risultati sono stati migliori, in sostanza non c’è stato un ribaltamento, è stato riassorbito il divario di cinque anni fa. Tra i risultati postivi per il PD quelli del Piemonte e di Firenze, Bologna, Padova, dove al secondo turno sono stati presi anche più voti che la primo nonostante l’astensione. Mentre i candidati scelti dalle primarie hanno visto un sostanziale equilibrio tra vittorie e sconfitte.
Dopo l’intervento del responsabile Organizzazione del partito, Maurizio Migliavacca, che ha illustrato il regolamento per l’elezione del nuovo segretario è stato il turno di Anna Finocchiaro. La capogruppo dei senatori democratici ha contestato subito la scelta del congresso solo perché prevista dallo Statuto: “Non siamo impiegati del catasto”.
Sulle europee e amministrative ha spiegato: “le elezioni ci hanno rassicurato ma secondo me per gli italiani non siamo l’alternativa al centrodestra, cede la vocazione maggioritaria a favore di IDV e UDC”. Proprio per questo dopo l’annullamento della conferenza programmatica per la capogruppo è necessario un congresso sull’identità e sui programmi non per scegliere ils segretario perché “su troppe questioni come la laicità cerchiamo l’approssimazione tra posizioni differenti, ma è altro da quello che si aspettano gli italiani, specie i più giovani”. Il discorso integrale della Finocchiaro è consultabile nell'area Interventi del sito.
Acceso l’intervento di Livia Turco. L’ex ministro della Salute ha indicato la necessità di sentire “una responsabilità verso il paese, facendo un’opposizione efficace perché c’è una crisi economico-sociale, una astensionismo verso noi e il PDL che è un vero rifiuto della politica, segno del disagio dei più deboli contemporaneamente a un logoramento del PDL e alla crescita della Lega”. Indica il bisogno di una politica sempre presente sui temi dell’immigrazione, della sicurezza, delle riforme istituzionali e della crisi economica. Il voto di giugno ha salvato il progetto del PD ma ora bisogna costruire con un pensiero politico, il radicamento sul territorio, l’empatia con le persone, quando il rischio è quello di apparire snob. Poi ammette di preferire al congresso “un appuntamento programmatico con un governo unitario del partito, ma non è realistico. Eppure stiamo dando una visone peggiore di quello che siamo”. Poi ha criticato i tempi dell’annuncio della candidatura di Franceschini, dicendo che avrebbe preferito un annuncio durante la Direzione e non prima.
L’ex presidente del Senato Franco Marini ha annunciato di voler sostenere al congresso "Dario
Franceschini per la sua azione di tenuta e di ripresa del partito e non perché abbiamo origini comuni visto che io spero in un congresso che sia di rimescolamento. Prima del voto eravamo un animale ferito e nella giungla politica eravamo considerati una forza rilevante ma con credibilità bassa e sondaggi terribili. Ma al voto Berlusconi non ha vinto e ai ballottaggi abbiamo dimostrato di poter vincere”. Con una precisazione: “Il 19 febbraio scorso un grande giornale italiano mi chiese quale era stato il principale errore di Veltroni e io dissi 'il nuovismo senza cultura'. Non cambio idea e quindi caro Dario, il rinnovamento non può diventare ideologia''. Mettiamo al primo posto il “chi siamo” e la nostra proposta per l'Italia... aiutiamo i giovani ma senza ammazzare i vecchi anche se per quanto mi riguarda mi sono gia' fatto da parte. Abbiamo costruito qualcosa di nuovo a partire dal 1995, ma non abbiamo riflettuto su cosa viene fuori di fronte alla società di oggi. Ora spieghiamo perché i moderati possono stare nel PD, al congresso dimostriamo che sappiamo coniugare libertà e giustizia sociale, perché la crisi ridisegnerà la politica”. Nel suo intervento Marini ha anche proposto di prendere un impegno per creare un comitato con il mandato dopo il congresso di rifare lo statuto del partito.
Statuto difeso da Salvatore Vassallo, il deputato e professore universitario che presiedeva la Commissione che lo elaborò: “c’è stato una lavoro di decine di ore con centinaia di emendamenti per approvare uno Statuto fatto in base a come le persone normali si rapportano alla politica, fatto anche per tutti quelli che non vanno sempre nei circoli. E non possiamo pensare che i militanti si iscrivano solo per votare la dirigenza. Le nostre primarie selezionano la classe dirigente in base al radicamento”.
Piero Fassino parte dal voto di una settimana fa: in Italia c’è bipolarismo e non bipartitismo, siamo in crisi in Lombarda e Veneto ma i ballottaggi hanno dimostrato che le aggregazioni guidate da noi vincono”. Sulle preoccupazioni sul congresso spiega come “non sono infondate ma il percorso è deciso, ora mettiamo al centro del congresso l’Italia. Tutte le ragioni per le quali abbiamo fatto il PD sono più forti di allora e lo dimostrano la crisi economica, la dimensione europea del PD, l’esito del referendum e il rapporto tra cittadini e politica. Ma non abbiamo ancor ala fora per camminare, e il PD deve essere il partito dell’innovazione, della frontiera”. E per far capire a cosa si riferisce cita il bisogno di ridurre il debito pubblico, la sua intervista sulla sicurezza che ha avuto tante critiche e l’appoggio di Penati e Chiamparino, due amministratori del nord, gli attacchi del ministro Brunetta ai fannulloni a cui non si può rispondere solo con la difesa del pubblico impiego. E conclude: “Serve un partito con una nuova classe dirigente che recuperi il merito che non è solo un azzeccato intervento in un’assemblea o un’intervista, anche perché c’è la domanda di facce nuove nel paese”.
Marco Laudonio
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