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KeithLa tragedia di Civitanova Marche interroga non solo le Istituzioni Pubbliche, ma anche tutti noi.

E’ la goccia che ha fatto traboccare il vaso e che ci ha reso consapevoli, qualora qualcuno di noi non lo fosse ancora, della gravità della situazione che il nostro Paese, le nostre città, le nostre comunità stanno attraversando.

Anche Monza non si sottrae a questa triste realtà. Da tempo è segnalato da più parti il crescere della povertà e delle difficoltà economiche  in cui si dibattono molte famiglie, a causa della perdita del lavoro, dipendente o autonomo che sia.

I Servizi Sociali del Comune fanno il possibile, ma i tagli dei finanziamenti agli Enti Locali da parte della Stato, la camicia di forza del patto di stabilità in cui i Comuni sono stretti,  e soprattutto  la mancanza di un “Piano nazionale per la povertà”, sono ostacoli a volte insormontabili, che non consentono di fare tutto ciò che si vorrebbe e che sarebbe necessario.

In un Paese in cui l’evasione fiscale è la più alta d’Europa e la corruzione costa alla collettività 60 miliardi di euro all’anno, il richiamo alla Politica e ai Governanti è doveroso.  Ma in momenti come questi, per l’urgenza dei bisogni, occorre fare qualcosa  di più e subito.

L’esperienza di ieri delle “Pulizie di primavera”, organizzata egregiamente dall’Amministrazione Comunale, è stata caratterizzata da una partecipazione straordinaria, ma ciò che mi ha più colpito è stato l’entusiasmo e la gioia con cui questa partecipazione si è manifestata.

E questa disponibilità, questa volontà di mettersi al servizio della collettività, è un patrimonio su cui si può contare  anche per affrontare la difficile situazione di crisi della nostra società.

Occorre quindi mobilitare questa disponibilità nell’ambito di un” Progetto collettivo” basato su un patto sociale  con la città, con tutte le potenzialità attive e positive che la nostra comunità può offrire, per costruire e consolidare una rete di rapporti istituzionali, associativi e individuali per la rinascita del nostro convivere quotidiano.

Veniamo da anni in cui l’esaltazione dell’individualismo sfrenato,  dei personalismi  e degli egoismi ha segnato ciascuno di noi e quindi il primo approccio per cercare di cambiare visione, non può essere che culturale, perchè implica un diverso modo di rapportarsi dell’individuo con la collettività.

Per cercare di attuare questa inversione di rotta, visto che ormai è assodato che nessuno si salva da solo, è necessario che si apra un grande dibattito anche nella nostra città, tra Istituzioni Pubbliche, Partiti, Associazioni e cittadini, tra cui quella cittadinanza attiva che opera da tempo per la difesa dei “beni comuni” .

E quale bene comune è più importante di una società coesa,  di  una convivenza civile in cui nessuno si senta più escluso, solo o abbandonato?