Al Nord, in particolare in Lombardia, siamo davvero sicuri di avere tutti gli “anticorpi” per combattere il fenomeno mafioso? E la politica cosa sta facendo per bloccare l’espandersi del potere delle cosche?
La mafia al Nord in questi ultimi anni è un argomento per fortuna non più di nicchia, con una letteratura sul tema ormai sconfinata; assistiamo però ancora oggi a diversi episodi che ci testimoniamo come il problema sia tutt’altro che in dirittura di soluzione.
Su questi e altri temi si sono confrontati giovedì 12 maggio ad Arcore Pippo Civati, consigliere regionale PD, Giulio Cavalli, consigliere regionale IDV e Vittorio Pozzati, consigliere PD della Provincia di Monza e Brianza.
La lotta alla mafia in Lombardia deve trasformarsi da battaglia di “parole” a battaglia di “fatti”: i fatti deve realizzarli prima di tutto la politica e proprio per questo, racconta Cavalli, lui stesso da autore teatrale impegnato contro la mafia ha deciso di diventare un politico. Come può agire la politica contro la mafia?
Prima di tutto cercando di comportarsi sempre in modo trasparente e pulito, evitando in ogni modo di dare una “sponda” alle organizzazioni mafiose; non certo così ha agito Formigoni nel caso Pezzano - dirigente della ASL 1 Milano (il più grande distretto sanitario d’Europa) scopertosi in stretta relazione con le cosche - che al posto di condannare ha cercato solo di minimizzare, né il PDL e la Lega a Desio, per rimanere nei nostri territori, dove a tutte le manifestazioni elettorali in vista delle prossime amministrative, non hanno mancato di invitare gli esponenti dei loro partiti qualche mese prima da loro “accantonati” perché collusi.
La politica ha quindi l’opportunità di realizzare le “politiche attive” per combattere la mafia, perché la magistratura e le forze dell’ordine possono solo arrivare dopo che i fatti sono avvenuti, arrivare prima è compito della politica: ora avviene invece che arriva prima la mafia come in certi casi dove, racconta Cavalli, questa viene a conoscenza prima dei consiglieri regionali di quanto si andrà a realizzare sul piano urbanistico ed edilizio.
Civati, d’accordo pienamente su quanto detto da Cavalli, ribadisce come ci voglia da parte della politica un atteggiamento attento e rigorosissimo su tutti i suoi comportamenti in modo da evitare, anche sua insaputa, le infiltrazioni mafiose. In questo senso come esempio negativo cita nuovamente Desio, dove non è certo un caso l’alto tasso di consumo di suolo e di abusivismo edilizio di questo Comune visto che Rosario Perri, l’assessore provinciale scopertosi in contatto con esponenti mafiosi, fu in precedenza direttore del settore edilizia e urbanistica del comune.
La politica per combattere la mafia, deve fare prima di tutto le “cose facili”: combattere il lavoro nero, i passaggi di denaro non registrati, le aggiudicazioni degli appalti senza controllo. Solo con un’azione determinata e corale, mettendo al centro del discorso politico la lotta alla criminalità organizzata, si potrà vincere la battaglia.
Pozzati denuncia invece come spesso la politica sia impotente davanti a questi fenomeni, dei quali si parla da anni (cita una commissione creata ad hoc nel 1988 in provincia di Milano) ma sembra sempre di ripartire da zero nelle strategia per combatterli.
Non si attuano infatti mai politiche serie per contrastare il fenomeno, a partire dalla riduzione del consumo di suolo, la lotta all’inquinamento delle acque, etc… Quindi ora è il momento di alzare il livello della battaglia alle cosche, attuando tutto quanto è già nelle nostre possibilità per combatterle, non di ripensare nuovamente alla strategia.
Il gruppo consiliare PD in provincia ha realizzato 7 punti per arginare e sconfiggere il fenomeno mafioso, ai quali si sono dette interessate anche le altre forze politiche: peccato che queste, dopo l’entusiasmo iniziale, non hanno più “trovato il tempo” per discuterli, nonostante numerose sollecitazioni.
Da questo ulteriore episodio si può comprendere quali partiti hanno davvero interesse a sconfiggere la mafia “nei fatti” e quali invece preferiscono fermarsi “alle parole”.