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ZahleCome un moderno messaggio in bottiglia, ci arriva in modo fortuito attraverso la rete, la testimonianza di Guido Cremonino, uno dei volontari della Operazione Colomba. Guido ha trascorso qualche settimana a Tel Abbas nei campi profughi a nord del Libano che raccolgono i profughi siriani. Lo pubblichiamo così come lo abbiamo ricevuto: è uno scritto durissimo. Non c'è altro da aggiungere. 

Quelli dei garage

È come un monolocale, con un muro e una porta in un angolo che ne delimitano il bagno a turca, e un lavandino che fa da cucina.

Una grossa porta nera, divisa in vari moduli stretti apribili a soffietto, li separano dalla strada e restituiscono un po’ di privacy a coloro che han perso tutto, non solo quella.

L’affitto mensile è di 100 dollari, molto meno dei 200-250 per un appartamento di due o tre stanze: abbiamo conosciuto una famiglia di 13 persone che abita in un monolocale, ma son comunque pochi i profughi che possono permettersi questa spesa.

Scappati da una guerra insensata, per quanto non abbia mai trovato un senso in una guerra.

Scappati quando gli aerei del proprio governo, i propri aerei, bombardavano le loro case, bombardavano i civili.

Scappati quando dal cielo gli elicotteri sganciavano dei barili di esplosivo, che punivano indistintamente case e persone, colpevoli e innocenti, uomini e donne, anziani e bambini, combattenti e civili.

Scappati senza poter prender nulla, abbandonando non solo casa, bestiame, auto, vestiti, ma abbandonando soprattutto la loro terra. Abbandonando il frutto del sudore di una vita, della vita dei propri genitori.

Scappati da violenze che noi a fatica riusciamo ad immaginare.

Manifestanti pacifici che venivano contrastati e sterminati coi mitra. E i loro corpi rimossi con i bulldozer.

Studenti che scrivevano sui muri “vogliamo libertà” arrestati, torturati, iniziando con lo strappargli le unghie.

E come loro molti uomini colpevoli solo di abitare in un quartiere, in un villaggio, di passare nella strada sbagliata al momento sbagliato, arrestati, torturati, solo per avere informazioni sui dissidenti, gli insorti, i ribelli. Pare che le guardie carcerarie possano uccidere impunemente il 10% dei detenuti…

Donne che cercano i loro uomini, i loro figli, nelle varie prigioni, trovandoli morti a volte dopo parecchi mesi di ricerca. Più spesso invece non vengono più a saperne nulla.

Donne violentate davanti agli occhi dei loro uomini, dei loro figli, dei loro genitori.

Bambini decapitati davanti ai loro genitori.

Teste tagliate venivano passate da piede in piede come fossero palloni.

Cadaveri profanati con motoseghe.

Captagon è il nome dell’anfetamina che rende realtà ciò che credevamo fosse un film dell’orrore: una sola pastiglia e per tre giorni non senti fame, non dormi, non provi più emozioni, compi le violenze più atroci senza esitare, non senti dolore, combatti senza paura. Accelera anche il battito cardiaco, se vieni ferito è più facile morire dissanguato.

All’esercito regolare viene fornita direttamente dagli ufficiali per “aiutare i soldati a star svegli nei turni di guardia…”. Ma ormai tutte le forze armate, pro regime e contro il regime, ne fanno uso.

E costa pochissimo. Da 1 a 2 dollari, in base alla qualità…

Scappati da questo inferno, dalla Siria, han cercato in Libano un luogo dove poter sopravvivere, aspettandosi forse un’accoglienza diversa….

Per entrare regolarmente devono pagare 600 dollari al confine per un visto che dura 6 mesi, il rinnovo per altri 6 mesi costa 200 dollari, e così via… Gli irregolari invece rischiano l’arresto.

UNHCR dà degli aiuti alle famiglie a loro registrate, da ritirare presso dei magazzini. Alcuni magazzinieri chiedono “favori” alle figlie o alle mogli per dare ciò che spetta alle loro famiglie.

UNHCR dà un contributo da 40 dollari (sotto forma di tessera a scalare in alcuni negozi) solo alle famiglie a loro registrate e che non contengano un uomo abile al lavoro. Ma lavoro ce ne è poco.

Esiste un caporalato, chi procura i braccianti per il lavoro nei campi trattiene una parte del loro stipendio.

A volte non vengono neanche pagati della retribuzione concordata, che era già inferiore rispetto a quanto prendono i libanesi. Tanto sono profughi, irregolari, non potrebbero neanche lavorare, come possono denunciare il datore di lavoro?

Spesso la card da 40 dollari viene rivenduta al negoziante per avere i contanti per altre necessità, medicine, affitto. Il negoziante dà loro 30 dollari e trattiene 10 dollari di “commissione”. Il 25%.

Il costo dei garage prima dell’arrivo dei profughi era di 25 dollari al mese. Ora è 100 dollari.

Dopo le 19 per i siriani è rischioso andare in giro: a volte vengono presi, picchiati, derubati.

“In Siria lavoravo per costruirmi il futuro, qui lavoro solo per comprarmi il pane”

“In America se uno uccide un cane va in galera, qui ci stanno sterminando e nessuno interviene”

“Qui è peggio che stare in gabbia, perché agli animali almeno danno da mangiare”

“Abbiamo perso ciò che avevamo di più caro: la dignità

“Perché dobbiamo essere umiliati per poter avere ciò che ci spetta?”

“Vogliamo solo tornare in Siria, avere un pezzo di terra e rincominciare la nostra vita, anche in una tenda”

Il posto tenda a volte è gratuito, altre arriva a costare fino 25 dollari al mese. Chi ha qualche soldo per il materiale se la costruisce anche bella, fa la struttura con travetti di legno, poi la copre con dei cartoni che isolano bene, e sopra ancora dei teli di nylon, alcuni di provenienza UNHCR, altri prendono i teloni dismessi delle pubblicità stradali. Chi se lo può permettere lungo il perimetro in fondo alle pareti fa un giro di rete sottile tipo zanzariera, così alzando il telo gira un po’ d’aria.

Nelle tende ci abitano i più poveri.

Son quelli che nella guerra hanno veramente perso tutto.

Quelli più umiliati.

Quelli che hanno paura quando sentono i colpi di fucile sparati in aria a scopo intimidatorio, ma che fanno cadere i pallini sulle tende.

Quelli che non hanno niente ma che ci hanno sempre offerto il loro niente, che per noi era il loro tutto.

Quelli che quando raccontiamo la nostra storia sbagliando qualche parola in arabo, sorridono.

Quelli che quando raccontano la loro storia, hanno le lacrime agli occhi.

Quelli Delle Tende.

 

La foto, giunta alla redazione insieme allo scritto è di Guido Cremonino

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