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LE POLITICHE SOCIALI A MONZA: CONSIDERAZIONI E PROPOSTE

per una politica attiva dei servizi alla persona

 

Introduzione

Una considerazione preliminare: la nostra città nel passato ha sempre considerato con grande attenzione i servizi alla persona e le politiche sociali. Nelle Amministrazioni che si sono succedute una delle questioni che è sempre rimasta centrale è proprio la responsabilità nei confronti delle parti più fragili della comunità, pur nella diversità degli approcci culturali e politici e pur nelle alterne individuazioni delle priorità che, nel tempo, le varie giunte hanno realizzato.

Il territorio con la sua anima fortemente cattolica e con la partecipazione di numerosi soggetti "laici" e di varia ispirazione culturale, ha infatti sempre espresso una pluralità di interventi, azioni, progettazioni che hanno dato forma all'attenzione ed alla solidarietà verso persone e famiglie in difficoltà.

 

 

La realizzazione delle Equipe Socio-Psico-Pedagogiche negli anni '70, la creazione dei Gruppi di Raccordo Tecnico Territoriale nelle varie Circoscrizioni negli anni '80, il sostegno e la promozione di progettazione integrata dei servizi con il Terzo Settore negli anni '90, la scelta della programmazione partecipata dopo la Legge 328 del 2000: tutto questo è stato il percorso dei Servizi Sociali a Monza, in cui il Comune non ha mai rinunciato ad assumere l'impegno di una lettura e di un'interpretazione condivisa del territorio e non si è sottratto alla responsabilità di proporsi nella funzione di regia e di sostegno alla realizzazione di interventi innovativi realizzati insieme al Terzo Settore ed al volontariato.

A Monza la sussidiarietà è sempre stata, oltre che un principio ispiratore, un fatto reale ed un obiettivo concreto, pur nei limiti delle condizioni storiche, economiche e culturali e pur nella consapevolezza che nei vari periodi ci sono stati investimenti diversi nelle politiche sociali da parte dei soggetti politici che si sono avvicendati nella Amministrazione della città.

Oggi non è più così e questo documento intende illustrare quella che noi riteniamo un'involuzione politica e culturale.

 

La situazione attuale: lettura ed analisi

 

Questi i punti principali:

1) Con la nuova Amministrazione (2007) è stato costruito il "NUOVO MODELLO DELLA PROGRAMMAZIONE PARTECIPATA", che ha archiviato il modello precedentemente utilizzato per la stesura del Piano di Zona 2006/2008 e che è stato assunto come riferimento per la costruzione del nuovo Piano 2009/2011.

Dov'è la partecipazione in questo "nuovo" modello?

 

L'attuale scelta organizzativa assume invece il significato di un tornare indietro, di un riattivare prassi ormai superate e che rimettono fortemente in discussione il riconoscimento della pari dignità e titolarità dei soggetti pubblici e privati del territorio.

Perché non pensare invece che, superata la fase dei primi anni di lavoro partecipato, in cui tanto si era puntato ed investito per la formazione degli operatori sia pubblici che privati (con oneri di tempi e costi richiesti anche ai soggetti del Terzo e Quarto Settore), si sarebbe potuto capitalizzare definendo procedure più snelle ed efficaci, senza per questo rinunciare all'effettiva e riconosciuta partecipazione di pubblico e privato alla costruzione di un protagonismo sociale condiviso e non solo calato dall'alto?

2) Possiamo dire che a Monza esistono ancora i Servizi Sociali Territoriali?

 Quale conseguenze avrà questa riorganizzazione sul significato della presenza degli assistenti sociali e degli psicologi nelle cinque Circoscrizioni? Chi si prenderà in carico le situazioni complesse e multiproblematiche di minori, anziani, disabili, famiglie in difficoltà? Non vorremmo si arrivasse a svuotare la professionalità di tali operatori per ridurli a rilevatori del disagio o alla semplice funzione di Segretari Sociali, professionali sì ma senza i necessari strumenti per una efficace e globale presa in carico delle situazioni di fragilità.

3) Riguardo ai singoli settori di intervento, molteplici sono complessivamente le considerazioni da fare. Un elemento però le accomuna tutte: si sta passando da un approccio di welfare di comunità ad un approccio assistenzialistico basato sulla risposta alla domanda individuale di intervento, su una gestione accentrata e discrezionale di progetti ed interventi, sulla ricerca di sponsor e sostenitori economico finanziari a spot, sull'attivazione di interventi che provochino effetti di immagine più che di sviluppo di percorsi di recupero e di evoluzione delle situazioni delle singole persone e della comunità nel suo complesso.

 

 

4) Relativamente agli interventi riguardanti la popolazione anziana, si può sostenere che l'unica progettualità significativa in quasi due anni di amministrazione di centro destra sia consistita nell'avvio del Custode Sociale, intervento espressamente mutuato dall'esperienza del Comune di Milano ed inserito molto frettolosamente tra le unità d'offerta del Comune di Monza.

Quali strumenti di verifica della qualità degli interventi dei Custodi Sociali?

Quali occasioni di confronto sull'impatto sulla popolazione anziana sono state individuate e realizzate con i soggetti dei Servizi Sociali Territoriali (operatori comunali) e con i soggetti del privato sociale del territorio?

Si sottolinea inoltre che il finanziamento di tale intervento poggia sostanzialmente sulle spalle di sponsor e di fondi specificamente utilizzabili per progetti sperimentali. Quando gli sponsor non dovessero più contribuire o la sperimentazione non essere più sostenuta economicamente come tale, come potrebbe proseguire l'erogazione di un servizio ritenuto e pubblicizzato presso la popolazione anziana come fondamentale per la sicurezza ed il benessere delle persone?

 

5) Nel settore minori, si può rilevare, che pur esistendo servizi di grande qualità ed una particolare attenzione che deriva da una storia di scelte di priorità alle problematiche dei minori in difficoltà, esprimiamo una certa perplessità dovuta ad un eccessivo utilizzo delle figure di consulenti, con i conseguenti costi e la mancata valorizzazione delle competenze interne.

 La politica sin qui attuata sugli Asili Nido consente programmazioni a lungo termine? Prevede il miglioramento o quantomeno un maggior controllo delle unità d'offerta acquistate sul mercato privato, anche attraverso una miglior regolazione delle rette che si vanno a pagare (rispetto alle quali oggi non è stato previsto alcun tetto: si paga quello che il privato chiede per i posti che mette a disposizione)?

Sull'affido familiare, intervento tanto delicato e complesso, ci si continua ad accontentare delle campagne pubblicitarie o si intende tornare a valorizzare le competenze sin qui raggiunte dagli operatori preposti, sostenendo la costruzioni di reti di sostegno tra famiglie e lo sviluppo di atteggiamenti accoglienti della comunità locale nel suo insieme che attivi forme di aiuto anche spontanee e "leggere" tra famiglie solidali ad attente?

 

6) Nulla sappiamo, infine, su quanto questa Amministrazione pensa delle politiche dell'integrazione, che a nostro parere dovrebbero essere fondate sul lavoro sociale di comunità (Welfare Community) che valorizzi, supporti e sviluppi gli interventi dei soggetti che quotidianamente gestiscono la convivenza con i nuovi cittadini (scuole, luoghi di lavoro, servizi socio-sanitari, spazi e strutture ricreative della città, chiese e luoghi di culto, etc.).

Nessuna parola si è sentita ad integrazione dei numerosi e molto pubblicizzati interventi realizzati sul piano della sicurezza e del controllo, riducendo in tal modo nella nostra città la questione della convivenza e dell'integrazione ad un mero problema di ordine pubblico (affrontato peraltro in modo neanche tanto intelligente ed efficace).

 

La visione delle politiche sociali del Partito Democratico: considerazioni generali e principi fondanti

 La nostra visione delle Politiche Sociali si fonda sui seguenti assunti:

 - Pensare ad una città/comunità dove si esprimono domande relative ai diritti e ai bisogni e 
    si organizzano le risposte
 - Volere una città/comunità che cresce in capacità economica e coesione sociale, dove si realizzi 
    un welfare delle opportunità  che   valorizzi la capacità di soggetti primari e secondari di 
    creare reti fiduciarie e cooperative, le uniche in grado di realizzare un'effettiva integrazione
    sociale (welfare di sviluppo)
 - Lavorare insieme perché i "problemi" diventino una "opportunità".
 - Lavorare insieme non nell'emergenza ma soprattutto nella quotidianità /normalità.
-  Esprimere una concezione del bene comune fondata anche sui beni relazionali, come
   quelli  della famiglia e dell'associazionismo
 

 

Riteniamo quindi che impostare un modello di welfare che favorisca una comunità solidale richieda:

- Responsabilità delle Istituzioni (es. divisione compiti, diffondere informazione,
   garantire equità nell'accesso ai servizi ecc.)
- Responsabilità dei cittadini (partecipare; condividere un progetto di città; condividere
   le necessarie priorità di intervento; pratica della legalità ecc.)
Superamento della distinzione tra pubblico e privato, in cui la sfera pubblica si
   riferisca a tutti i soggetti e attività che rendono un servizio alla comunità
- Concezione delle Politiche per la famiglia che devono avere una valenza politica e
   culturale molto forte e che richiedono di impostare un modello di welfare  che non si
   limiti alla tutela ma che promuova e armonizzi i diritti, le responsabilità e le
   opportunità dei diversi componenti la famiglia - la madre, il padre, le coppie separate e
   quelle di fatto, i figli (naturali, adottati, in affido), i nonni - nel corso delle varie fasi della vita.
- Assunzione della sfida di reimpostare una città a misura di famiglia, uscendo da una
   logica assistenzialistica e investendo sulla famiglia come risorsa primaria della
   società, attraverso politiche tariffarie, un approccio ai servizi alla persona autenticamente
   sussidiario, attraverso una riorganizzazione dei ritmi lavorativi e urbani.
- Volontà di costruire strumenti adeguati a concretizzare effettive scelte a sostegno
   della Famiglia, realizzando un' Agenzia per la Famiglia Interassessorile, facendo
   in modo che ogni ambito della vita della comunità (trasporti, lavoro, scuola, servizi sociali,
   politiche abitative...) assuma la famiglia come cifra interpretativa  e come partner degli
   interventi, in quanto risorsa e soggetto attivo, non destinataria passiva di soli supporti
   assistenzialistici.
- Consapevolezza che, in un contesto sociale come quello attuale connotato da grandi
   contraddizioni, la famiglia è un soggetto dalle grandi potenzialità ma anche contenitore di
   fragilità ed ambivalenze. Una politica familiare che integri questo dato concreto e non si
   nasconda dietro ad idilliache visioni ideologiche deve provvedere a formulare efficaci e
   lungimiranti interventi di sostegno delle famiglie particolarmente fragili e dei soggetti che
   nelle famiglie stesse a volte divengono oggetto di violenze, di abuso e di abbandono. I
   minori, le donne, gli anziani e i disabili devono poter trovare nella comunità, e nello
   specifico nei servizi sociali, dei riferimenti certi che sostengano nella loro tutela e cura i
   nuclei ai quali essi appartengono e dei soggetti capaci di accogliere i segnali di non "tenuta"
   dei nuclei stessi. Questo significa tornare a parlare di prevenzione, di interventi
   tempestivi ai primi segnali di disagio e di predisposizione di risposte efficaci e
   concrete nei casi in cui si determinino situazioni di emergenza (strutture di accoglienza
   per donne bambini, servizi di Pronto Intervento, risposte che consentano ricoveri di
   sollievo per i familiari e i care giver).
 
 
Le proposte del partito democratico per una politica attiva dei servizi alla persona
Rispetto ai servizi alla persona a Monza, riprendiamo alcune fondamentali questioni, proponendo una nostra linea di intervento.
1) Riguardo al Piano di Zona ci preme sottolineare che:
La programmazione partecipata, a nostro avviso, deve prevedere l'attivazione di  
ambiti di confronto che consentano la lettura condivisa dei fenomeni, l'elaborazione
comune degli interventi e delle priorità, a fronte di una situazione di limitazione delle
risorse.
2) Relativamente all'organizzazione dei servizi alla persona ed alla famiglia, riteniamo che
ancora oggi la territorialità sia un principio, e nello stesso tempo un metodo, dal quale
non è possibile prescindere.
Favorire il mantenimento e, ove possibile, l'ulteriore sviluppo, di presenze istituzionali e di adeguate professionalità nei contesti di vita quotidiani può essere uno dei pochi strumenti in grado di garantire continuità, riconoscibilità, fiducia e risposta al forte bisogno di appartenenza, soprattutto per i soggetti più fragili e per quelli maggiormente vulnerabili.
3) Riguardo al tema della disabilità, noi riteniamo che la disabilità vada collocata in una
nuova visione : da cittadini invisibili a persone titolari di diritti; dalle politiche di
assistenza e sanità alle politiche inclusive; da oggetto di decisioni prese da altri a "niente
su di noi senza di noi".
 
Scuola :Dare attuazione alla delibera Regionale n. 528/08(Programmazione dei
servizi educativi) che impegna a costruire Tavoli locali per le politiche scolastiche.
 
Dopo di Noi - Durante Noi
Agli interrogativi che i genitori si pongono ( in quali ambiti si potrà svolgere la vita dei figli dopo la loro scomparsa, con quali fondi e con quale organizzazione sarà possibile garantire loro una permanenza sul territorio; quale tutela giuridica) la legislazione ha risposto con alcune soluzioni che devono ancora trovare attuazione (legge 6/2004): l'istituzione dell'amministratore di sostegno richiede un lavoro sulla cultura sociale delle nostre comunità ( dall'individualismo alla responsabilità comunitaria), nonché la ricerca e formazione di persone che si assumano tale compito.
Non va dimenticato che il "Dopo di Noi" si prepara "Durante Noi" proponendo ai disabili e alle loro famiglie percorsi di autonomia "reciproci".
 
Il progetto di vita
Emerge che  il disabile e la sua famiglia sono assistiti da un numero di figure specialistiche (medici, psicologi, terapisti, insegnanti, commissioni varie, ecc.) che può arrivare a superare le trenta unità.
.
È necessario che si sperimentino modalità di presa in carico che, ad esempio, individuino un'unica figura di coordinamento che abbia funzioni di raccordo rispetto al progetto di vita (scuola, servizi specialistici, ente locale).
4) Per quanto attiene all'importante questione della domanda di sicurezza ai quali anche i
servizi alla persona sono chiamati a rispondere , noi riteniamo che queste due dimensioni
non possano essere dissociate in quanto l'integrazione è sicurezza e non è possibile
percorrere le vie del controllo e della repressione della delinquenza e della criminalità
senza parallelamente favorire la nascita di ambiti ed occasioni di inserimento delle famiglie
e delle persone nei normali contesti della vita quotidiana di tutti i cittadini.
Ciò concretamente comporta:
 - sviluppare e sostenere l'accoglimento dei bambini stranieri nelle scuole
 - sostenere e motivare i genitori a partecipare ai momenti di confronto con le istituzioni e
    con i servizi (colloqui con gli insegnanti, contatti con i medici di base e con le strutture
    sanitarie, utilizzo dei servizi aperti alla cittadinanza)
 - favorire l'apprendimento della lingua italiana e la conoscenza del nostro sistema dei
    servizi, con i doveri ed i diritti ad esso connessi
 - facilitare il più possibile la partecipazione di tutti (soprattutto dei più giovani) i contesti
   di aggregazione sportiva, culturale e di socializzazione appartenenti alla vita della città.
5) Riteniamo infine che si debba promuovere un approccio al welfare fondato su un'ottica
globale, integrata, che veda collaborazioni interassessorili almeno su alcune questioni
fondamentali come:
 - alloggi comunale e di edilizia popolare
 - questioni relative all'integrazione di persone straniere, che deve veder coinvolti
    l'Assessorato alla Sicurezza, quello all'Educazione e alle Politiche per la Famiglia.
 - politiche giovanili  coinvolgendo anche gli Assessorati alla Cultura, allo Sport,
   all'Università.
 - tematiche relative al lavoro, coordinate con i soggetti preposti gestire le
    politiche del lavoro e gli interventi di sostegno alle fragilità occupazionali. In questo senso
    va recuperata la possibilità di rimanere in rete con i soggetti interni all'Ente Locale e con gli
    altri soggetti istituzionali del territorio, riattivando collegamenti adeguati.

 

Un approccio alle politiche sociali che abbia come premessa culturale e metodologica il rispetto e lo sviluppo dei diritti delle persone, della loro dignità, del rinforzo delle potenzialità delle persone e delle famiglie e la valorizzazione delle loro risorse, è l'unico in grado di garantire l'espressione di un'autentica sussidiarietà, frutto di una reale salvaguardia della libertà delle persone e dei soggetti dei territorio e non esito di un'incapacità programmatoria e progettuale di un ente locale che mira unicamente ad economizzare risorse, sottraendosi in tal modo ad una corretta funzione di regia e di coordinamento degli interventi nel sociale.

 

 

Marzo 2009    

 

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